Patrono della medicina, a rigore Asclepio non era un dio ma un semidio. I suoi poteri e la sua sapienza, però, erano tali da scuotere l’Olimpo e l’Oltretomba. Qual è la storia di questa figura mitologica misteriosa e affascinante?
Intorno ad Asclepio (o Esculapio), semidio antico patrono della medicina e della guarigione, si avviluppa una fitta rete di storie. Figlio di Apollo, alleato di Atena, nemico di Ade e vittima di Zeus, questo sapiente dai poteri straordinari era amatissimo dal popolo e venerato come un dio. Ma quale fu la sua origine? Come ottenne le capacità che lo contraddistinguevano? Che c’entra lui col serpente? E come, da mortale che era, finì tramutato in una costellazione?
La nascita di Asclepio, tra le fiamme di un tradimento
Asclepio, secondo il mito, era figlio del dio Apollo, già medico lui stesso, e una ninfa, Coronide oppure Arsinoe. Quest’ultima, già incinta della progenie del dio, lo avrebbe tradito con un mortale, Ischys. Errore fatale. Come la sorella Artemide, anche Apollo era una divinità incline a un’ira cruenta e vendicativa. Figurarsi che il povero uccello che si era assunto l’ingrato compito di informarlo del fattaccio, anziché essere ricompensato, venne maledetto all’istante. Da allora, anziché avere piume candide come la neve, il corvo divenne un nero uccello del malaugurio. Alla ninfa, però, andò peggio: accecato dalla gelosia, il dio la trapassò con una freccia, uccidendola. Il bambino, però, era ancora vivo nel grembo materno quando lei fu messa sulla pira.
Che farne? Apollo non ci pensò due volte: quello era suo figlio, e aveva il sangue di un dio. Perciò lo strappò dal ventre della ninfa per affidarlo, lavato e avvolto in un sacro mantello, alle cure del sapiente centauro Chirone. Ora, i centauri come individui non erano tra i più trattabili: rissosi, brutali e violenti, erano una stirpe da cui tenersi alla larga. Chirone, però, era un po’ diverso: il più saggio del suo popolo, fu maestro di molti eroi, ivi compreso Achille. A chi infondere, se non a un semidio tratto fuori dalle fiamme, tutta la propria sapienza? E dunque il centauro prese con sé Asclepio per insegnargli le tecniche più efficaci della guarigione e della caccia. Né questo poteva dirsi un peso, perché il piccolo era precoce, imparava in fretta ed era dannatamente bravo.
Il guaritore che sapeva riportare in vita i morti
In breve tempo, Asclepio non divenne solo un guaritore eccezionale. Diventò capace di fare, grazie alla sua sapienza, cose che normalmente ai mortali sono precluse. Come resuscitare i morti.
Il primo che Asclepio riportò in vita fu Glauco, il figlio del re Minosse. Giocando accanto a un barile di miele, il ragazzino vi scivolò dentro e annegò. Quando Asclepio, ospite a Creta, fu mandato a chiamare, sembrava che non restasse altro da fare che constatare il decesso. Tuttavia, mentre il medico esaminava il cadavere, un serpente si avvicinò, probabilmente attratto dal sentore dolce che mandava. Asclepio lo colpì col bastone, uccidendolo. Subito, però, un secondo serpente si avvicinò al primo portando tra i denti il rametto strappato da una pianta poco distante. Deposto sul corpo del compagno, il rametto innervò nuovamente la vita nel rettile, che velocissimo strisciò via. Asclepio, allora, raccolse uno stelo di quella pianta che aveva visto prendere al serpente e lo depose sul petto del fanciullo, che riprese subito a respirare. Asclepio aveva scoperto il vischio, che per gli antichi aveva proprietà rigenerative.
Da quel momento, ad Asclepio si associarono il bastone e il serpente, tanto che poi il semidio finì con l’assumere l’appellativo di Serpentario (od Ofiuco). La sua carriera di guaritore, d’altra parte, certo non terminò lì. Pare, infatti, che la dea Atena gli concesse, una volta che Perseo ebbe sconfitto Medusa, di scambiare il proprio sangue con quello della Gorgone. In questo modo, dal fianco sinistro iniziò a stillare un sangue nero, velenoso e portatore di sventure, mentre dal destro scaturiva un sangue risanatore.
Il dissidio con Ade e la punizione di Zeus
Tanti furono coloro che si valsero delle competenze e dei poteri di Asclepio. Ciò che poteva, del resto, il guaritore lo faceva per tutti: dal popolino agli eroi. Fu proprio questa la rovina di Asclepio: il semidio era insieme troppo generoso e troppo potente.
La svolta nella sua vicenda arrivò quando Teseo, re ateniese, gli si rivolse per riportare in vita il figlio Ippolito, morto precipitando dal suo carro. La sorte del giovane era segnata, il corpo già freddo. Ma Asclepio raccolse le sue erbe, toccò per tre volte il torace del giovane e lo restituì più vivo che mai al padre in lacrime. Un gesto che non poteva sfuggire all’attenzione di Ade, il dio dell’Oltretomba. Costui, infatti, si rendeva conto perfettamente della minaccia rappresentata da Asclepio. Se le sue tecniche di cura e il suo sapere si fossero diffuse, il flusso di anime nel suo regno si sarebbe drasticamente ridotto. E quindi Ade si rivolse al fratello, Zeus, affinché il sovrano degli Dei restaurasse l’ordine minacciato dalla medicina di Asclepio.
Così com’era iniziata, l’avventura del semidio guaritore finì nelle fiamme: in questo caso, nella folgore di Zeus. Apollo, però, non lasciò correre il fatto che suo figlio fosse stato incenerito senza nemmeno essersi macchiato di empietà. Anzi, partì subito al contrattacco e uccise i tre Ciclopi che forgiavano le folgori di suo padre. Né la sua collera si sarebbe presto placata, se Zeus in persona non avesse preso le ceneri di Asclepio per renderlo immortale in un’altra forma. E cioè tra le stelle, dove lo rese immortale nella costellazione del Serpentario.
Il lascito di Asclepio
Prima di subire il fulmine di Zeus, comunque, Asclepio si era fatto conoscere come figura pressoché divina. Tanto che in Grecia, a Epidauro, era sorto addirittura un culto in suo onore, che si era poi diffuso in tutto il Mediterraneo. Al centro di questo culto c’erano, tra i vari elementi, proprio quei serpenti che lo avevano aiutato con Glauco. Nei diversi templi dedicati ad Asclepio, infatti, divenne usanza far vivere almeno un serpente portato proprio da Epidauro. E divenne altresì abitudine dei fedeli trascorrere una notte nel tempio, nella convinzione che Asclepio li avrebbe guariti o istruiti su come guarire.
Oltre al culto, però, il patrono della medicina lasciò dietro di sé anche una numerosa progenie. E ognuno dei figli e delle figlie si distinse per le proprie capacità terapeutiche. Ci furono, per esempio, Macaone e Podalirio, che a Troia combatterono e da medici eccellenti curarono gli Achei feriti o malati. Ma anche Igea, personificazione della salute; Panacea, figura della guarigione per mezzo delle piante; Iaso, patrona del processo di guarigione. E ancora Acheso ed Egle, soprintendenti alla speranza e alla gioia nel riacquisire la salute. Ma il seme di Asclepio, nei sincretismi cristiani, arrivava fino alle vene dei santi Cosma e Damiano, a indicare un sapere che prolifera nel tempo. Proprio questo, in effetti, potrebbe essere ciò che rende Asclepio immortale.