Artivismo, quando l’arte diventa politica e sfida i potenti

Ogni atto artistico è intrinsecamente politico. Si definisce “artivismo”, la tendenza dell’arte contemporanea di dire no, di protestare, di fare rumore. Gli artisti contemporanei sono prima di tutto attivisti: danno corpo a un messaggio che punta al cambiamento sociale.

Si parla di “artivismo” perché l’arte contemporanea è creazione espressiva per coltivare consapevolezza.

L’arte contemporanea è indubbiamente difficile da comprendere. Sua condizione necessaria è l’attivazione del pensiero critico nell’osservatore. Questo perché esprime un messaggio politico che richiede un’osservazione attenta e contestualizzazione.

L’artivismo di Ai WeiWei

Ai è un artista cinese che oggi vive a Berlino. La sua arte era diventata troppo fastidiosa per il governo cinese che nell’aprile 2011 ordinò il suo arresto. Ai passò ottantuno giorni in carcere sotto accuse inconsistenti. Il passaporto gli fu confiscato e restituito solo nel 2015, quando si è trasferito in Germania.





La sua arte vuole denunciare le ingiustizie sociali e violazioni dei diritti umani in particolare perpetrate dal governo cinese. Le sue opere trattano la corruzione del governo, di cui ha trattato anche in un blog dove investigava gli insabbiamenti nella gestione  del terremoto del 2008 a Sichuan. Il blog fu chiuso nel 2009. Oggi l’artista utilizza i social media per parlare di diritti umani e diffondere consapevolezza.

The Guerrilla Girls

“Le Guerrilla Girls sono artiste-attiviste anonime che usano titoli dirompenti, immagini oltraggiose e statistiche micidiali per esporre i pregiudizi di genere ed etnici e la corruzione nell’arte, nel cinema, nella politica e nella cultura pop”. Questo è ciò che possiamo leggere sul sito web delle artiste. “Credono in un femminismo intersezionale che combatte per i diritti umani di tutte le persone”.

Le artiste operano nell’anonimato, indossando maschere da gorilla e utilizzando pseudonimi. Il loro messaggio è chiaro: denunciare pratiche discriminatorie, disuguaglianze, combattere per l’uguaglianza di genere rivendicando i diritti delle donne.

Alevtina Kakhidze: raccontare la guerra

L’invasione russa dell’Ucraina ha già causato una risposta nella comunità artistica. Nella guerra, gli artisti sfogano le proprie frustrazioni. Picasso definiva Guernica un’arma offensiva e difensiva contro il nemico.

“Nel pannello su cui sto lavorando, che chiamo Guernica, esprimo chiaramente la mia ripugnanza per la casta militare che ha fatto sprofondare la Spagna in un oceano di dolore e morte” (Pablo Picasso)

Alevtina Kakhidze fa lo stesso oggi utilizzando Instagram come diario per raccontare ciò che l’invasione russa ha portato in ucraina. La madre di Alevtina, conosciuta come “Fragola Andreyevna” dalle sue opere d’arte, è morta nel gennaio di quest’anno mentre attraversava il confine tra Ucraina e l’autoproclamata “Repubblica Popolare di Donetsk” (DNR).

L’arte permette di resistere. Laddove non si è in grado di parlare o di vedere al di là delle apparenze, gli artisti corrono in soccorso. Perché nell’arte si trova prima di tutto chiarezza, un percorso di consapevolezza che, per quanto difficile, porta alla verità. Come convivere con questa verità, poi, è tutta un’altra storia.

Chiara Cogliati

Exit mobile version