In Italia, in un momento storico qual è l’attuale, segnato da una crisi economica di rilevante entità, con una sostanziale stagnazione degli indici di produzione e, quindi del P.I.L. nazionale, associata, per altro, ad un crescente ed enorme debito pubblico, è certamente importante sottolineare i fondamentali valori del dettato costituzionale, concentrati tra gli art. 1 e 12. Tra questi valori, però, si vuole in questa sede richiamare quanto previsto dall’art. 3 della stessa Costituzione, il quale così recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
L’art. 3 della nostra Costituzione, infatti, non solo ci ricorda la natura democratica sulla base della quale è stato formato lo Stato Italiano, radicato nell’affermazione della dignità e dell’uguaglianza dei suoi cittadini, ma fornisce un preciso orientamento per i governanti sull’obiettivo della partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. Nell’affermare che è ‘compito’ della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà, e con essa il pieno sviluppo della persona umana, l’art. 3 si trasforma in uno strumento per attuare strategie economiche e sociali alternative rispetto al passato, anche recente, tali da rappresentare una più avanzata prospettiva di ricomposizione degli squilibri nazionali.
Va osservato, infatti – ed è questo un più preciso motivo che giustifica il richiamo ai contenuti dell’art. 3 della nostra Costituzione – che il panorama nazionale presenta ancora oggi rilevanti squilibri economico-strutturali tra le diverse aree nazionali. Poco accentuati al Nord, dove prevale una diffusa economia urbanizzata ed industrializzata, tali squilibri sono ben evidenti nelle aree meridionali, sia in termini di industrializzazione sia in termini infrastrutturali. Si vuole solo ricordare, in rapporto a quest’ultimo aspetto, che le sole infrastrutture ferroviarie registrano un ammodernamento parziale, che è attualmente bloccato alla Regione Campania, mentre quelle presenti in Lucania, ma soprattutto in Sicilia risalgono all’ultimo dopoguerra, impedendo i flussi necessari al pieno sviluppo commerciale di tali regioni.
L’art. 3, però, ha anche un’altra implicazione, che emerge nel considerare la storia economica dell’Italia Meridionale, dove non poche sono state le scelte strategiche errate, con risultati di fallimento e di disoccupazione, a partire dalla realizzazione dei cosiddetti poli industriali. Come è dimostrato dall’esempio di Bagnoli, tali scelte- spesso assunte unilateralmente – hanno determinato effetti di forte contrasto con la vocazione delle aree d’insediamento, la cui vocazione è, al contrario, verso uno sviluppo eco-turistico, insito nei valori di bellezza ambientale da esse espresse.
Di conseguenza, nell’affermare “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, l’art. 3 della Costituzione vuole anche indicare la necessità di un ‘effettivo’ coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni riguardanti lo sviluppo dei loro territori, tenendo presente che le eventuali conseguenze si rifletteranno sulle loro condizioni e sul loro futuro.
Fatima Mutarelli