Il 7 luglio del 1930 si spegneva il brillante e prolifico scrittore inglese, creatore di uno dei personaggi più iconici di sempre. La fama di Arthur Conan Doyle è legata a quella di Sherlock Holmes, l’investigatore per antonomasia. Uno dei personaggi più iconici che sia mai esistito. Ma anche uno di quei personaggi che è diventato di gran lunga più celebre del suo stesso creatore.
1) Non solo Sherlock
Arthur Conan Doyle vanta una produzione letteraria di oltre 200 scritti, tra racconti, romanzi, saggi, libri storici, poemi e pamphlet. Ma è principalmente conosciuto per essere il creatore del leggendario investigatore londinese: il mitico Sherlock Holmes. Con la saga di Sherlock, Doyle fondò e gettò le basi di un nuovo genere letterario, il cosiddetto giallo deduttivo. Di cui è non solo il capostipite ma anche l’esponente più illustre. Pochi però sanno che la sua vera vocazione era per i generi del fantastico e di avventura.
Non a caso la sua prima opera, “Il mistero di Sasassa Valley” (scritto nel 1879), è un racconto del terrore, molto più vicino agli scritti di un certo Edgar Allan Poe. Ma le somiglianze tra i due vanno anche nella direzione opposta. Infatti, Poe e Doyle sono considerati entrambi i fondatori dei generi letterari del giallo e del fantastico. Ma mentre il primo divenne celebre per i suoi racconti del terrore, il secondo passerà alla storia per aver dato vita a quello che è l’investigatore più celebre di sempre.
In ogni caso, la saga di Sherlock Holmes copre soltanto una minuscola frazione di tutta la sua produzione letteraria. Arthur Conan Doyle scrisse anche altre saghe di diverso genere e con altri protagonisti. Tra le più famose ricordiamo quella del Professor Challenger, di genere fantascientifico, e quella del brigadiere napoleonico Etienne Gerard, di stampo storico-avventuroso. Ha scritto anche una dozzina di racconti a tema medico e all’appello mancano ancora più di 60 opere, tra racconti e romanzi, senza considerare quelle su Sherlock Holmes e tutto il resto…
2) Elementare Watson!
Per il personaggio di Sherlock, Arthur Conan Doyle si ispirò al dottore Joseph Bell. Questi fu suo professore durante gli studi di medicina e Doyle ne fu anche assistente per un breve periodo prima di laurearsi. La sua fredda e distaccata metodicità scientifica, insieme alla sua rigorosa e sorprendente abilità deduttiva furono il punto di partenza per la creazione del leggendario investigatore privato. Mentre John Watson, il fido Sancho Panza di Holmes, rappresenta più o meno lo stesso Doyle. Ma forse questo è risaputo.
Una cosa però di cui probabilmente non eravate a conoscenza -a meno che non avete letto tutte le storie su Sherlock Holmes e le ricordate a memoria- è che la celeberrima frase “Elementare Watson!” non è mai stata pronunciata da Sherlock nei libri di Doyle (se non una sola volta nella forma “È elementare, Watson”).
3) Sherlock l’antipatico
Come per Agatha Christie e il suo Poirot, Arthur Conan Doyle finì per diventare avverso alla sua stessa creazione. Forse perché invidioso della fama di Sherlock Holmes, che era smisurata e aveva di gran lunga superato la sua. O forse perché semplicemente si era stancato di scrivere gialli. Ad ogni modo, nel 1894, decise di porre termine alle avventure del geniale investigatore. Nel racconto “Il problema finale”, Sherlock e il suo acerrimo rivale, Moriarty, andranno in contro a uno stesso destino, gettandosi dalle cascate di Reichenbach.
Con la morte di Sherlock, Doyle credette di avere finalmente a disposizione tutto il tempo per dedicarsi alle sue altre opere. Ma la gente amava Sherlock Holmes e in centinaia, tra amici, familiari e sconosciuti di tutto il mondo, lo implorarono di continuare. Così, pur se controvoglia, Arthur Conan Doyle fece “resuscitare” Sherlock e, negli anni a seguire, scrisse altri due romanzi e numerosi racconti.
4) Doyle l’investigatore
Arthur Conan Doyle, al di là della sua più o meno malcelata antipatia nei confronti di Sherlock Holmes, amava le sue tecniche investigative. Tanto da metterle in pratica in diverse occasioni. Doyle infatti si cimentò più volte nell’impresa di scagionare uomini e donne incarcerati o accusati ingiustamente. Uno dei casi più noti è quello di Marion Gilchrist.
Marion era una anziana signora benestante di 82 anni. Fu assassinata nella sua casa in West Princess Street, a Glasgow, nel dicembre del 1908. Le investigazioni della polizia, dopo una serie di tentennamenti e false piste, portarono all’arresto di un certo Oscar Slater. Ma, per varie ragioni, Doyle non era convinto della sua colpevolezza e così si mise ad investigare per conto proprio. Pubblicò anche i risultati della sua ricerca, ma nessuno vi prestò attenzione.
Fu solamente 7 anni più tardi, grazie all’aiuto di un’altra donna, la vedova di un ufficiale di Glasgow, che il caso venne riaperto. La donna rivelò l’esistenza di alcuni documenti che suo marito, insieme ad altri ufficiali, avevano nascosto. Un giornalista pubblicò un articolo a riguardo, riportando anche dell’interesse di Doyle sulla vicenda, e le sue scoperte. Alla fine, grazie alla sua influenza e alle nuove prove, il caso venne riaperto e Slater venne rilasciato, nel 1927. L’identità del vero assassino, però, rimase sempre un mistero.
5) Spiritismo e altre battaglie
Strano ma vero. Arthur Conan Doyle, col passare del tempo, si appassionò sempre più al mondo dell’occulto e allo spiritismo. Scrivendo diverse opere a riguardo. Tra le più celebri vi sono “Apparizione delle fate” e “Storia dello spiritismo”. Il suo ultimo libro, pubblicato poco prima della scomparsa, si intitola “The edge of unknown” ed è una raccolta di articoli sul tema dell’occulto, ormai unico vero interesse dello scrittore inglese.
La passione per il fantastico e il soprannaturale danneggiò non poco la fama di Doyle. Ma lui non si curava troppo delle opinioni altrui. Infatti, nel corso della sua vita, si impegnò in diverse battaglie dai più considerate impopolari. Scrisse a favore del divorzio, nel 1906, e tre anni più tardi denunciò aspramente le atrocità perpetrate nella guerra del Congo. Nel 1910 difese pubblicamente Slater (l’uomo accusato dell’omicidio di Marion Gilchrist) e nel 1914, durante la prima guerra mondiale, criticò con veemenza i terribili risvolti che avrebbe avuto il blocco navale imposto dalla marina inglese sui porti tedeschi.
Per tutta la vita, Arthur Conan Doyle portò avanti le sue battaglie, delle quali lo spiritismo era solo l’ultima. Egli difese sempre le proprie cause con coraggio e virtù, a prescindere da ogni possibile beneficio che ne avrebbe potuto trarre. Molte erano impopolari ma il personale senso di onore era per lui più importante dell’opinione pubblica. Ed è forse per questa ragione che la sua lapide recita le seguenti parole:
(EN)
«Steel true Blade Straight Arthur Conan Doyle Knight Patriot, physician & man of letters» |
(IT)
«Acciaio vero Lama diritta Arthur Conan Doyle Cavaliere Patriota, medico e uomo di lettere» |
Il saluto definitivo
Arthur Conan Doyle morì il 7 luglio del 1930, in seguito a un improvviso attacco cardiaco. Quel giorno si trovava nella sua casa a Windlesham, accudito dalla moglie Elizabeth e dal figlio Adrian. Doyle, il padre dell’investigatore più celebre di tutti i tempi, in punto di morte si rivelò molto più simile alla sua creatura di quanto lui stesso, forse, fosse disposto ad ammettere. In una delle sue avventure Sherlock Holmes afferma che:
Da molto tempo il mio assioma è che le piccole cose sono di gran lunga le più importanti.
Poco prima di lasciare questo mondo, il grande scrittore inglese si volse verso la moglie Elizabeth e le disse: “Sei meravigliosa, moglie mia”. Queste furono le sue ultime parole. Parole semplici ma molto significative. Probabilmente, con le dovute differenze (visto che la frase di Sherlock si riferisce più che altro all’ambito investigativo), Arthur Conan Doyle condivideva questo assioma. Ci piace pensare che anche lui, il grande scrittore, in fondo riteneva le piccole cose le più importanti. Cose come il calore della propria famiglia, la nascita di un figlio, o semplicemente l’amore.
Vincenzo Rapisardi