Quando si parla di arte in strada, il collegamento più immediato è quello con la Street Art. Ma non sempre è quello giusto.
Intanto occorre essere puntuali sulla definizione di Street Art, che si intreccia spesso in maniera inappropriata con il graffitismo (all’estero, Writing). Mentre la Street Art ha sempre più a che vedere con il “bello” estetico” – una tendenza che non è una regola – il writing è un movimento con che rispecchia esigenze sociali. (Per un breve approfondimento, clicca qui).
Parlando di arte in strada, non voglio riferirmi alla Street Art, ma alle varie forme di arte che hanno in comune una cosa: si svolgono, appunto, in strada. In tempi pre-Covid, facendo una passeggiata nei centri storici delle città, era normale accarezzare con lo sguardo qualche graffito in una piccola via, ma anche incontrare mimi, ritrattisti, musicisti – spesso più o meno improvvisati. Ma poco importa. La grande arte del passato abbracciava forme di espressione moderne e contemporanee.
Adesso sembra che per l’arte non ci sia più spazio.
Né per quella tradizionale, riconosciuta, canonizzata, né per quella contemporanea, per le nuove proposte. A un anno di distanza dal primo lockdown, poco è stato fatto. Rimanere chiusi in casa avrebbe dovuto insegnarci che senza l’arte l’uomo diventa una scatola vuota, e tutti avrebbero dovuto accorgersene. Che cosa faremmo, chiusi nelle nostre stanzette, senza musica, libri, film? E quanto ci manca visitare una bella mostra di fotografia? Eppure, di soluzioni non se ne sono trovate: gli artisti rimangono a casa – molti, moltissimi, senza sussidi sufficienti – e chi si nutre di arte ne rimane a digiuno. Perché – pur apprezzando lo sforzo – i live streaming, le visite virtuali ai musei, sono davvero insufficienti a sopperire il nostro bisogno di arte.
Così, l’unico spazio – marginale – rimasto da occupare è la città semi-deserta.
Per i musicisti non sembrano esserci grandi possibilità, nemmeno in strada. Il che è triste, ghettizzante. In campo musicale, l’iniziativa che ha più attirato l’attenzione è stata senza dubbio Ultimo Concerto. Un’iniziativa del quale fondamentalmente non si è capito il senso se non quello di ricordarci che da un anno non ci sono concerti – come se non ce ne fossimo resi conto da soli – e tirar su polemiche inutili, sterili, piuttosto che essere propositivi e lanciare proposte.
Per quanto riguarda il mondo delle arti visive, invece rimane il problema degli spazi espositivi chiusi, ma alcune idee interessanti sono state proposte. Già tempio della street art e dei graffiti, la strada ha oggi un ruolo fondamentale in un nuovo progetto.
Oltre alle visite virtuali ai musei di gran moda anno scorso – che pure restituiscono un millesimo della gioia di farsi un bel giro agli Uffizi – è davvero interessante l’iniziativa Foglio D.Istinto, una rivista d’artista che viene affissa negli spazi pubblicitari di Siena. Foglio D.Istinto è un progetto editoriale creato da un’associazione culturale che ha sede a Bruxelles, MODO, e che ha scelto proprio la città toscana per debuttare.
Sono queste le iniziative che ci piacciono. In un momento in cui i musei ci sono preclusi, la strada diventa il luogo della possibilità. Certo, è vero che gran parte del tempo lo si passa in casa, ma i momenti nel mondo “fuori” sono tanto rari quanto importanti, ed è fondamentale che l’arte faccia parte di questi attimi. Gli incontri con la cultura, con l’arte, possono essere fortuiti, occasionali, e per questo forse ancora più magici.
MODO ci porta anche ad un modo di fruizione che ci sembra distante: quello lontano da uno schermo, quello anche della lentezza. Nella quotidianità ci troviamo bombardati di immagini, informazioni, stimoli, e non abbiamo il tempo di assecondarli o raccoglierli in maniera consapevole. Prendendoci tempo. Così come facciamo quando leggiamo una rivista. Per altro, ci allontaniamo dal monopolio Covid sul mondo informazione, visto che accendendo la televisione sembra che non esista e non sia mai esistito nient’altro. Un qualcosa che va ben oltre l’informazione.
Prendiamoci tempo per prenderci l’arte. E speriamo di tornare al più presto a goderne come e più di prima.
Sofia Dora Chilleri