Una serie di opere in viaggio tra sogno e realtà, dove, guardando attraverso le figure, non si può non rimanere imbrigliati nell’emozione che emerge dai lavori del giovanissimo e poliedrico artista Edoardo Tresoldi (www.edoardotresoldi.com). La sua arte visionaria, in una ricerca creativa e libera, ha la capacità di raccontare, con un linguaggio moderno, un modo di fare arte che trova nell’architettura classica le sua fondamenta.
Nasce in Italia nel 1987, cresce vicino Milano dove, all’età di 9 anni, prendere lezioni dal pittore e illustratore Mario Straforini che gli trasmette il piacere di sperimentare tecniche e linguaggi artistici differenti. Dopo gli studi all’istituto d’arte di Monza, si trasferisce a Roma dove inizia a lavorare in diversi ambiti: cinema, musica, scenografia e scultura, che gli forniscono una visione eterogenea delle arti. Dal 2013 realizza interventi permanenti nello spazio pubblico, focalizzando la sua ricerca sul genius loci e lo studio degli elementi del paesaggio.
Sculture trasparenti che rappresentano un momento congelato nel tempo, una ricerca estetica che si sforza di cogliere la relazione del corpo umano nello spazio che lo circonda, attraverso l’arte. Il suo concetto di scultura nasce dal desiderio di raccontare il dialogo che si instaura tra una figura e lo spazio circostante, reso possibile attraverso la creazione di un rapporto empatico tra lo spettatore e l’opera. Un rapporto che l’artista scandisce innescando forti giochi percettivi, tra vuoti e pieni, veicolando spunti e riflessioni differenti. Lavoro che si basa sulla narrazione di interiorità e sentimenti umani, realizzati attraverso l’uso della trasparenza, in un equilibrio tra contemplazione e movimento. Nelle sue installazioni, le forme creano volumi che investono la figura immaginaria e sezionano, plasmandolo, il sentimento, il vero protagonista della narrazione.
Un esempio della sua narrazione di interiorità e sentimenti umani è la scultura: Pensieri (Thinkings). Presentata a Sapri in occasione del Festival Oltre il Muro 2014, rappresenta il dialogo tra l’uomo e il mare, di cui lui stesso sintetizza il concetto: “C’è una linea sottile che separa cielo e mare, che delimita la nostra vita dal mondo dei pensieri: è la linea dell’orizzonte, forma e racconto del rapporto tra l’uomo e lo spazio. A volte capita che la vita ci travolga come una valanga, colpisce più intensa e ci intasa. Esausti, cerchiamo il tempo per precipitarci di fronte al mare, grande purificatore, e gli imploriamo di liberarci; lo inquiniamo buttandoci dentro i nostri mostri, lasciamo alle onde tensioni e malumori, senza considerare l’essenza sconfinatamente vuota del mare, un vuoto di cui abbiamo profondamente bisogno. Nel raccontare il rapporto tra un uomo e il mare i Pensieri vengono lasciati alle spalle. Dietro il muro dell’essere profondamente umano, servono solo al Niente.” L’anno precedente un’altra opera d’arte è stata realizzata a Pizzo Calabro: Il Collezionista di Venti, dove ha saputo toccare la sensibilità della comunità locale come quella dei turisti.
Ma, l’opera grazie a cui ha riscosso un notevole successo, anche oltre oceano, è quella realizzata per il progetto di valorizzazione del parco Archeologico di Santa Maria di Siponto, Manfredonia (FG). Una scultura che senz’altro cambierà la percezione del sito dove ancora oggi si riconoscono le tracce di una Basilica Paleocristiana. Il progetto: “Dove l’arte ricostruisce il tempo”, è stato reso possibile dalla scelta coraggiosa del Segretariato Regionale MIBACT per la Puglia e della Soprintendenza Archeologia della Puglia, costato 3,5milioni di euro di cui 900mila per l’installazione, realizzata in rete metallica, leggera e trasparente.
Edoardo Tresoldi attraverso quest’opera ha ricostruito in scala reale , dopo tre mesi di lavoro, i volumi della basilica della quale resistono parte del mosaico e del perimetro originario risalente al IV secolo dopo Cristo e oggetto, peraltro, nel corso del tempo di diverse sovrapposizioni fino all’età medievale, quando il cuore dell’insediamento di Siponto ha cessato di battere. Nessuna struttura intrusiva, un’architettura virtuale e al tempo stesso reale.
Un intreccio di fili di maglia metallica, solo un leggerissimo ricamo di 4.500 metri quadrati di rete elettrosaldata alta 14 metri e pesante 7 tonnellate. E’ riuscito a fondere, attraverso un linguaggio fresco, l’antico e il moderno al fine di creare un’identità, un dialogo tra archeologia e arte contemporanea ed una continuità tra passato e presente. Un linguaggio contemporaneo in una chiave di lettura semplice e, soprattutto, comprensibile a tutti, per interpretare l’antico. Un’opera nuova, curata nei dettagli, nelle proporzioni, figure tridimensionali che mettiamo a disposizione un momento di memoria e riflessione sul rapporto umano con il tempo e lo spazio.
Felicia Bruscino