Arte e intelligenza artificiale: questione di copyright

Arte e intelligenza artificiale

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Può l’arte provenire da un’intelligenza artificiale? Mentre ci riflettiamo, all’IA viene rifiutato il diritto di copyright.

Immaginiamoci un’intelligenza artificiale alle prese con un’opera d’arte. In questo caso però la nostra IA non sta semplicemente analizzando o scandagliando ai i raggi X un’opera, ma la sta creando. Immaginiamoci ora che si volesse che quest’opera fosse sottoposta al diritto d’autore. Voi glielo concedereste?

“Visione futuristica”, ci sarebbe da rispondere. Non molto in realtà, dato che questo è un caso avvenuto recentemente negli Stati Uniti.



L’IA in questione si chiama Creativity Machine e a decidere sul suo diritto al copyright è stata la US Copyright Office (Ufficio Copyright degli Stati Uniti). Office che ha detto no. L’IA non può avere il diritto di Copyright. Il motivo? Dietro alla creazione non c’è una mente umana, ma artificiale.

L’arte può provenire da una intelligenza artificiale?

La domanda, in fondo, è semplice e immediata: può un’intelligenza artificiale creare un’opera d’arte? Forse, per procedere con ordine, dovremmo prima porci la domanda su cosa sia un’opera d’arte. E soprattutto, cosa la differenzia da un prodotto qualsiasi?

Riflettiamoci. Perché pensare a quanto i componenti dei prodotti da noi utilizzati dipendano da intelligenze artificiali non ci fa nessun effetto. Ne siamo anzi abituati. Se invece ci fermiamo a immaginare la stessa IA alle prese con un quadro, una scultura, una nuova composizione musicale, ci viene da storcere il naso.

Cos’è quindi che differenzia un prodotto da un’opera d’arte? La creatività. E la creatività prevede necessariamente la libertà. Libertà di rompere gli schemi che tradizionalmente confinerebbero la fabbricazione di un prodotto, per raggiungere la creazione di un qualcosa di inaspettato. Nuovo. Ed emozionante.

Questione di libertà:

Una IA, quindi, è libera? È questo in fondo il quesito che dobbiamo porci. Solamente avendo dato risposta a questa domanda riusciremo a dare spiegazione ai molti punti di domanda che riguardano l’intelligenza artificiale. Se, ad esempio, queste IA potranno essere imputabili di errori o, addirittura, di aver deliberatamente agito. Nel bene e nel male.

Stiamo andando troppo oltre? Forse no se gettiamo lo sguardo al titolo dell’opera che Creativity Machine ha portato alla luce: A Recent Entrance to Paradise. Può un algoritmo riuscire anche solo ad ipotizzare un’esperienza simile?

In fondo, per quanto i tempi cambino, i secoli passino e il rapporto che l’uomo possiede con la spiritualità apparentemente muti le sembianze, le domande che tormentano e sospingono l’uomo sono sempre le stesse.

Quale destino aspetta l’uomo oltre la morte? Esiste un oltre? L’uomo da sempre si è affidato all’arte per esprimere le proprie emozioni, dubbi, speranze. Forse, semplicemente, questa volta, al posto del cielo, delle stelle o di antichi testi, ha voluto interpellare un’intelligenza artificiale. Che, non dimentichiamolo, è pur sempre un prodotto umano.

Forse è Creativity Machine l’opera d’arte. È questo algoritmo ad essere stato creato liberamente e creativamente dalla mente di Steven Thaler. Lui il creatore e lei l’opera. L’opera d’arte che crea l’opera d’arte. L’opera d’arte che viene interpellata per cercare risposte su un dopo la vita. Un dopo la vita del suo stesso creatore.

A proposito di are, sembra di essere dentro ad un quadro di Escher. Nuove forme d’arte per antiche domande.

Caterina Simoncello

 

 

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