Arresto di Abdallah El Said: la repressione degli attivisti per i diritti umani in Tunisia

Arresto di Abdallah El Said Tunisia

L’arresto di Abdallah El Said, attivista e presidente dell’associazione Enfants de la Lune, rappresenta l’ennesimo segnale di una preoccupante deriva autoritaria in Tunisia. Il suo arresto, avvenuto il 12 novembre 2024, insieme a quello di altri due membri dell’organizzazione, si inserisce in un clima di repressione sistematica contro chi difende i diritti umani e si oppone alle politiche migratorie del governo. La vicenda non è solo il riflesso di una situazione interna sempre più critica, ma pone seri interrogativi anche sul ruolo della comunità internazionale, e in particolare dell’Unione Europea, nell’alimentare questa spirale di violazioni dei diritti fondamentali.


Il 12 novembre 2024, Abdallah El Said, attivista e presidente dell’associazione Enfants de la Lune di Médenine, è stato arrestato dalla Cellula tunisina Economica e Finanziaria . Ciò, rappresenta un nuovo capitolo nella crescente repressione contro coloro che si impegnano nella difesa dei diritti umani e nel supporto alle persone migranti e rifugiate in Tunisia. Le accuse rivolte a El Said, così come ad altri cinque membri della sua organizzazione, rimangono poco definite, ma sembrano essere legate al loro lavoro umanitario nella regione del sud della Tunisia. L’arresto è stato seguito da perquisizioni sia nelle abitazioni degli attivisti detenuti che nella sede dell’associazione.

L’episodio non è isolato, ma interessa un contesto sempre più preoccupante di criminalizzazione della solidarietà . La Tunisia sta attraversando una fase di repressione sistematica nei confronti di attivisti, giornalisti, avvocati e ricercatori, sia locali che internazionali. Una strategia mirata che cerca di soffocare ogni forma di dissenso e di opposizione alle politiche governative, in particolare quelle relative alla gestione delle migrazioni. Questo scenario si è intensificato a partire da maggio 2024, quando numerosi rappresentanti di organizzazioni umanitarie sono stati arrestati per aver difeso i diritti di migranti e rifugiati.

La criminalizzazione della solidarietà in Tunisia

L’arresto di Abdallah El Said è emblematico di una politica repressiva volta a scoraggiare chiunque si opponga alle decisioni del governo tunisino. Le autorità hanno promosso una narrativa che dipinge le persone migranti subsahariane, rifugiate e richiedenti asilo come una “minaccia” per l’identità nazionale . Questa retorica ha alimentato discorsi d’odio , legittimando deportazioni collettive verso la Libia e l’Algeria, arresti arbitrari e campagne di intimidazione contro i difensori dei diritti umani.

Non è la prima volta che questa repressione colpisce figure di spicco della società civile. A maggio 2024, l’arresto di Saadia Mosbah , nota attivista antirazzista, ha scosso profondamente il panorama politico tunisino. A ciò si sono aggiunti arresti di altri attivisti, tra cui avvocati e giornalisti, che hanno cercato di portare alla luce le gravi violazioni dei diritti umani commesse nel Paese. Secondo il Comité de suivi pour lutter contre la criminalization des politiques de solidarité , questa persecuzione è un tentativo deliberato di intimidire chi si oppone alle politiche repressive del governo.

Il ruolo delle autorità tunisina e il quadro internazionale

Le azioni del governo tunisino non sono avvenute nel vuoto, ma sono parte di una più ampia strategia che coinvolge la collaborazione con attori internazionali. La cooperazione securitaria tra l’Unione Europea e la Tunisia ha rafforzato il controllo delle frontiere, in cambio di finanziamenti sostanziosi e accordi bilaterali. Tuttavia, questo supporto ha avuto conseguenze dirette sulle libertà civili e sui diritti umani, contribuendo alla creazione di uno stato di polizia che criminalizza la solidarietà.

In questo contesto, le politiche migratorie dell’UE, che lasciano la Tunisia come un “ paese sicuro ” per i rimpatri, sono particolarmente problematiche. La realtà sul campo dimostra che il Paese non offre garanzie di sicurezza né per i suoi cittadini né per i migranti. Al contrario, la Tunisia è teatro di violazioni sistematiche dei diritti umani, con episodi di deportazioni forzate, detenzioni arbitrarie e trasferimenti verso zone di conflitto.

Implicazioni per la società civile e per i diritti umani

Le conseguenze della repressione sono devastanti non solo per i migranti ei rifugiati, ma anche per la società civile tunisina. Le organizzazioni umanitarie, che rappresentano una voce critica e indipendente, vengono sistematicamente prese di mira. Le perquisizioni delle sedi delle ONG, gli arresti arbitrari e la sorveglianza costante creano un clima di paura che soffoca la libertà di espressione e di associazione.

Inoltre, la criminalizzazione degli attivisti ha un impatto diretto sulla capacità delle ONG di fornire assistenza a coloro che ne hanno più bisogno. In un contesto già segnato da una profonda instabilità politica ed economica, la repressione del governo tunisino rappresenta una minaccia esistenziale per i principi fondamentali di giustizia e solidarietà.

L’urgenza di una risposta internazionale

La comunità internazionale non può ignorare ciò che sta accadendo in Tunisia. È fondamentale che gli organismi sovranazionali, come le Nazioni Unite e l’Unione Europea, facciano pressione sul governo tunisino per garantire la protezione dei diritti umani e il rilascio immediato degli attivisti detenuti. Inoltre, l’UE deve rivedere la sua politica di cooperazione migratoria con la Tunisia, evitando di sostenere un regime che viola sistematicamente i diritti fondamentali.

Il caso di Abdallah El Said è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi che dimostrano come la repressione in Tunisia non sia solo una questione locale, ma un problema con implicazioni globali. Garantire la sicurezza dei difensori dei diritti umani non è solo un obbligo morale, ma anche una condizione essenziale per preservare i valori democratici ei diritti fondamentali.

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