Di recente sono state arrestate lottatrici in India durante la loro ultima manifestazione: da più di un mese infatti il mondo della lotta libera sta protestando chiedendo un’azione giudiziaria nei confronti del presidente della Wrestling Federation of India, accusato di molestie sessuali.
Le vicende
In India alcune lottatrici professioniste sono state arrestate la scorsa domenica nell’ambito di una protesta a Nuova Delhi, con l’accusa di disordini da parte della polizia locale. La protesta consisteva in una una marcia verso il nuovo edificio del parlamento in seguito alla sua inaugurazione da parte del primo ministro Narendra Modi.
Quest’ultima azione, insieme a tante altre proteste che si stanno svolgendo da più di un mese in India, aveva come obbiettivo la richiesta ulteriori provvedimenti contro il presidente della Wrestling Indian Federation (WFI) Brij Bhushan Sharan Singh, che accusano di ripetute molestie sessuali.
Presenti anche le atlete olimpiche Vinesh Phogat e Sakshi Malik, che, insieme al collega Bajrang Punia, sono state detenute dalla polizia durante lo svolgimento della marcia. Secondo Malik, successivamente rilasciata, i manifestanti stavano marciando pacificamente verso il Parlamento quando sono scoppiati dei disordini con la polizia. Poco prima di essere portata via dalla polizia, ha dichiarato ai giornalisti che gli agenti hanno trascinato e trattenuto con forza i manifestanti, per poi concludere: “Non sappiamo dove ci stanno portando“.
L’alto funzionario della polizia di Nuova Delhi, Dependra Pathak, ha invece dichiarato ai giornalisti che gli arresti sono avvenuti perché i manifestanti avevano rotto le barriere della polizia e non avevano seguito le loro istruzioni per mantenere la situazione sotto controllo. “Hanno infranto la legge e per questo sono stati arrestati”, ha concluso Pathak.
La polizia ha inoltre anche smantellato il campeggio improvvisato dei manifestanti a Jantar Mantar (fuori dal nuovo palazzo del parlamento), secondo le testimonianze delle lottatrici, anche se alcuni manifestanti erano ancora sul luogo domenica tardi. Decine di lottatori e i loro sostenitori infatti si sono accampati nel sito dal mese scorso sempre nell’ambito delle proteste contro Singh.
Cosa è successo prima che venissero arrestate le lottatrici in India
Le accuse contro Singh sono venute alla luce per la prima volta a gennaio, quando diversi lottatori e lottatrici di spicco hanno invocato un’inchiesta sulle accuse di molestie sessuali da parte di atleti più giovani nei suoi confronti. In una lettera indirizzata al presidente dell’Associazione Olimpica Indiana (IOA) e condivisa su Twitter, cinque lottatori tra i più celebri del Paese hanno dichiarato di voler creare un “luogo sicuro e protetto” per i giovani lottatori, in particolare per le atlete. Per quanto le accuse fossero state inizialmente negate, le proteste si arrestarono dopo poco nella misura in cui il WFI aveva annunciato che avrebbe svolto indagini interne.
Manifestanti e lottatrici hanno ripreso le proteste tre mesi dopo, ad aprile, appunto con l’occupazione di Jantar Mantar. In generale, si era ritenuto che nel corso dei mesi non fosse stato fatto abbastanza, e di conseguenza si sono richiesti l’immediato arresto di Singh e la pubblicazione del report governativo sulle indagini.
Dal canto suo Singh, che prima di essere presidente della WFI è un parlamentare del partito di governo Bharatiya Janata (politicamente individuabile nella destra nazionalista), continua a negare le accuse, accusando a sua volta le lottatrici di fare un gioco politico, sostenendo che ci siano i partiti dell’opposizione dietro le proteste, senza però fornire specifiche prove.
Le dimissioni non sono un grosso problema, ma non sono un criminale. Se mi dimettessi, significherebbe che ho accettato le loro accuse. Il mio mandato [come presidente della WFI] è quasi finito. Il governo ha formato un comitato di tre membri e le elezioni si terranno tra 45 giorni; il mio mandato terminerà quindi dopo le elezioni.
Le azioni successive
Successivamente al rilascio delle lottatrici arrestate, la protesta in India non accenna ad fermarsi. Lottatori professionisti avevano in mente come piano successivo quello di lanciare le loro medaglie nel Gange, considerato il fiume più sacro di tutto il Paese, ma hanno deciso di posticipare l’atto di 5 giorni in attesa che il governo dia loro qualche risposta nel merito della questione.
Nel frattempo, la vicenda non è passata inosservata da organizzazioni nazionali e internazionali. La Federazione internazionale delle lotte associate (nota in lingua inglese come “United World Wrestling”, o UWW) ha infatti condannato l’arresto delle lottatrici indiane e ha espresso disappunto per i risultati mancanti delle indagini. L’organizzazione ha inoltre sancito una deadline di 45 giorni entro i quali la WFI e l’IOA dovranno fornire le dovute informazioni sulla prossima assemblea elettiva generale, pena la sospensione del WFI e l’obbligo degli atleti di presentarsi alle gare internazionali senza la propria bandiera.
L’UWW condanna fermamente il trattamento riservato alle lottatrici e il loro sequestro. Esprimiamo la nostra delusione per la mancanza di risultati delle indagini condotte finora. L’UWW esorta quindi le autorità competenti a condurre un’indagine approfondita e imparziale sulle accuse.
Come ha già fatto dall’inizio di questa situazione, l’UWW terrà un’assemblea con i lottatori per informarsi sulle loro condizioni e sulla loro sicurezza, oltre che
riconfermare il nostro sostegno per una risoluzione equa e giusta delle loro preoccupazioni.