Armi nucleari: molti Paesi non firmano il trattato per la proibizione. Sono passati 75 anni da quel 6 agosto 1945, eppure la corsa al nucleare non rallenta.
Il 6 agosto 1945 gli Stati Uniti sganciarono un ordigno nucleare sulla città di Hiroshima, seguito tre giorni dopo dalla stessa operazione su quella di Nagasaki.
Ecco, Nagasaki deve rimanere l’ultima città nella storia a sperimentare gli orrori delle armi nucleari.
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari
Il 7 luglio 2017 le Nazioni Unite hanno adottato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari: il primo trattato internazionale legalmente vincolante in materia. Entrerà in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 50 Stati.
Dei 195 Stati potenziali partecipanti (193 membri dell’ONU, più lo Stato Vaticano e la Palestina), 66 non hanno preso parte ai negoziati. Tra questi, tutti gli Stati con armi nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord), gli Stati parte della NATO (a eccezione dei Paesi Bassi), la Corea del Sud, il Giappone e l’Australia.
Ad oggi, 43 Paesi hanno ratificato il Trattato, con 82 firmatari. Irlanda, Nigeria e Niue hanno firmato per ultimi, giovedì scorso, in occasione del 75° anniversario del bombardamento atomico statunitense di Hiroshima.
Nuovi firmatari: una speranza in più?
L’aggiunta di firmatari può suscitare nuove speranze per l’applicazione del Trattato. Ma non dobbiamo lasciarci ingannare: la sua potenziale efficacia rimane incerta. Infatti, tutti e cinque i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (NATO), tutti in possesso di armi nucleari, non hanno ratificato il patto.
Anche il Giappone, l’unico Paese al mondo ad aver subito bombardamenti nucleari, non ha ratificato il trattato.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha dichiarato
“Il rischio che le armi nucleari vengano utilizzate, intenzionalmente, per incidente o per errore di calcolo, è troppo elevato perché tali tendenze possano continuare”.
Ha poi aggiunto che
“l’unico modo per eliminare totalmente il rischio nucleare è eliminare totalmente le armi nucleari”.
Insomma, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari va verso un sistema di disarmo universale, controllabile e non discriminatorio. Ma non è un punto di arrivo: non è l’ultimo tentativo per evitare la non proliferazione e giungere ad un mondo senza armi nucleari.
Il paradosso all’italiana: ospitiamo armi nucleari americane
Pur essendo parte del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (1975), l’Italia ospita armi nucleari americane nell’ambito di accordi Nato di nuclear-sharing. La compatibilità tra la partecipazione al TNP come “Stato non nucleare” e la presenza di bombe nucleari sul territorio nazionale si giustifica con la “doppia chiave”: le armi nucleari restano sotto possesso e controllo degli Usa, cui spetta stabilire se usarle; tuttavia il loro impiego è consentito solo dopo autorizzazione dell’Italia.
Secondo uno studio recente della Federation of American Scientists gli Stati Uniti hanno tra i 100 e i 150 ordigni nucleari fermi in Europa e l’Italia è il Paese europeo col più alto numero di bombe in ben due basi nucleari: quella Usa di Aviano, in provincia di Pordenone, e quella dell’aeronautica militare a Ghedi, nel Bresciano.
Per questo diverse campagne chiedono che il nostro governo firmi il Tpan: il testo vieta “in ogni circostanza” di produrre, trasferire, usare tali armi e minacciarne l’uso, ma anche il loro stazionamento nel territorio dello Stato costituisce un crimine.
Una riflessione…
I nuovi nazionalismi e populismi autoritari; la perdita di valore degli organismi sovranazionali e delle istituzioni multilaterali, possono accelerare la corsa al riarmo nucleare.
Quello che spaventa, però, è la perdita di memoria collettiva: a distanza di settantacinque anni, il mondo ha forse dimenticato l’orrore di Hiroshima e Nagasaki?
Giulia Chiapperini