Armi dall’Italia a Israele, nel porto di Livorno si rifiutano di caricarle

Armi dall'Italia a Israele

 

Armi dall’Italia a Israele, i lavoratori del porto di Livorno si tirano fuori

Armi dall’Italia a Israele, contenute nel carico della nave Asiatic Island diretta al porto di Ashdod (Israele). Solo qualche giorno fa, il 16 maggio 2021, nel pieno del rinnovato conflitto armato tra Israele e la palestina una nave portacontainer carica, tra le altre cose, di munizioni e esplosivi è arrivata al porto di Livorno. L’Asiatic Island era partita pochi giorni prima da Genova da cui il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali insieme all’associazione Weapon Whath ha segnalato ai lavoratori del porto di Livorno il contenuto della portacontainer. I lavoratori del porto di Livorno allora hanno prontamente comunicato che non avrebbero caricato armi perché non vogliono essere complici di quanto sta accadendo ai palestinesi.

In cinque anni 90 milioni di euro di armi




Negli ultimi cinque anni -dal 2016 al 2020- le armi dall’Italia a Israele ci sono arrivate parecchie volte : l’Italia ha autorizzato esportazioni militari a Israele per un valore complessivo di 90 milioni di euro. I contratti di vendita militari stipulati con Israele risalgono al 2012 quando il governo Monti diede seguito agli accordi precedentemente presi dal Premier Berlusconi. Dal 2012 al 2019 la fornitura di armi a Israele da parte dell’Italia è aumentata fino al “febbraio 2019 quando i ministeri della Difesa italiano e israeliano hanno firmato un accordo per l’acquisto di sette di elicotteri AW119Kx di addestramento avanzato per le forze aeree israeliane, del valore di 350 milioni di dollari, in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di un valore equivalente di tecnologia militare israeliana” – riporta Banche Armate. Non è quindi la prima volta che l’Italia fa affari con Israele contribuendo a una guerra crudele e sporcandosi le mani del sangue di civili innocenti -non importa quanti sono, sempre troppi.

I lavoratori portuali si oppongono da anni al trasporto di armi nei paesi in guerra

Nel porto di Genova già in passato i lavoratori portuali si erano rifiutati di caricare armi e avevano fortemente protestato, per un carico di armi diretto in Yemen, ben noto per i crimini di guerra. Uno degli striscioni appesi all’ingresso del porto recitava “Porti chiusi alle armi- Porti aperti ai migranti”.

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”

Il comune denominatore di queste proteste è l’articolo 11 della nostra costituzione che al primo comma recita “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Un principio, questo, che dovrebbe essere fondamentale ed è stato confermato e rinforzato dalla legge 185 del 9 luglio 1990 che vieta l’esportazione di mezzi militari “verso i Paesi la cui politica contrasti con i princìpi dell’articolo 11 della Costituzione” e “verso i Paesi in stato di conflitto armato”.

Da che parte stiamo ?

Per quel che riguarda il conflitto tra Israele e palestinesi, però, basta appellarsi al solo articolo 11 poiché questa guerra, non solo è un’offesa ma uno schiaffo alla libertà di un popolo, quello dei palestinesi, che si trova attaccato e perseguito da ormai troppo tempo. Un attacco che,la civile e democratica Italia, insieme a tanti altri Paesi, evidentemente ritiene, se non necessario, giusto.

Virginia Maggi

 

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