Il panorama politico argentino sta subendo una trasformazione radicale con l’ascesa del presidente neoeletto di estrema destra, Javier Milei, che entrerà in carica a partire dal prossimo 10 dicembre. Infatti, l’Argentina di Milei rinuncia al suo ingresso nell’alleanza con i Paesi Brics, mentre guarda a Stati Uniti e Unione europea.
L’Argentina di Milei cambia rotta verso nuovi scenari politici ed economici che comprendono Paesi come Stati Uniti e Unione Europea. “Uniti dagli stessi valori”, è questa la giustificazione utilizzata dal Presidente neoeletto per far comprendere e motivare i punti presenti nel suo programma politico.
L’Argentina di Milei e la nuova politica estera del Paese sudamericano
La svolta chiave nel programma di politica estera dell’Argentina di Milei, è rappresentata dalla volontà di non aderire all’alleanza Brics.
Tale decisione è già stata comunicata dalla futura ministra degli Esteri, l’economista Diana Mondino, in un’intervista rilasciata all’agenzia russa RIA Novosti. Da ciò è facilmente deducibile come l’ottica del nuovo Presidente argentino punti a far ritornare Buenos Aires allineata all’imperialismo nordamericano.
L’alleanza Brics, nata nel 2009, aveva come scopo quello di favorire la crescita delle quattro economie emergenti (Brasile, Russia, India e Cina, alle quali nel 2010 si è aggiunto il Sudafrica) per arrivare ad un’indipendenza da Usa e G7.
L’ingresso dell’Argentina di Milei nell’alleanza sostenuta da Xi Jinping, era previsto per il 1° gennaio, ma ormai la concretizzazione dell’adesione concordata dal governo precedente, sembra solamente un lontano ricordo.
La distanza politica tra l’ideologia di Milei e la Cina
La distanza politica del Neopresidente argentino nei confronti della Cina era già stata rimarcata durante la campagna elettorale. Infatti, Milei minacciò varie volte di interrompere i rapporti diplomatici con il Paese asiatico.
La reazione di Pechino non si è fatta attendere e risulta essere una mossa intrapresa con grande prudenza.
In un primo momento la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, si era congratulata con il neoeletto Milei per la recente vittoria, dichiarando che la Repubblica popolare cinese è pronta a:
“lavorare con l’Argentina per continuare a coltivare la nostra amicizia, contribuire allo sviluppo e alla prosperità reciproca attraverso una cooperazione vantaggiosa per entrambi”.
Ora, però, la stessa portavoce è ritornata sull’argomento affermando che:
“sarebbe un grave errore di politica estera per l’Argentina tagliare i legami con Paesi importanti come la Cina o il Brasile”.
La mossa astuta da parte di Pechino è stata quella di fare leva sui rapporti economici che esistono tra i due Paesi. La Cina risulta essere il secondo partner commerciale dell’Argentina e il principale Paese di importazione dei prodotti agricoli argentini.
Infatti, nel 2021, il 57% della carne argentina e il 92% della soia sono state importate dal Paese asiatico. Quest’ultimo ha anche effettuato investimenti in Argentina che riguardano il settore energetico e l’emergente industria del litio.
L’Argentina di Milei guarda a Stati Uniti e Unione Europea
Diana Mondino, futura ministra degli Esteri, sottolinea il fatto che la politica estera dell’Argentina di Milei sarà aperta e trasparente.
I rapporti commerciali più importanti, ovvero quelli con il Brasile e la Cina, verranno mantenuti.
Il cambio di rotta previsto dalla politica estera del Paese sudamericano si basa su un’ottica che punta verso nuovi scenari che comprendono Paesi come Stati Uniti, Unione europea, Israele e alcuni Paesi del Commonwealth.
“Lavoreremo con tutti i Paesi. Saremo una democrazia liberale e cercheremo la massima trasparenza possibile. […] È molto probabile che Brasile e Cina continuino ad essere i principali partner commerciali. E noi, come Libertad Avanza, non abbiamo mai attaccato né pensato di modificare in alcun modo questi rapporti”.
Queste nuove prese di posizione da parte del governo neoeletto dell’Argentina di Milei, ci fanno capire come il Paese sudamericano risulterà essere completamente incline agli ordini di Washington.
Andrea Montini