Un terzo delle aree protette del mondo è a rischio

aree protette del mondo

Un preoccupante studio appena pubblicato su Science afferma che un terzo delle aree protette del pianeta sono a rischio. Ora devo dare un po’ i numeri, le tre istituzioni i cui scienziati hanno partecipato allo studio sono l’Università del Queensland (Australia), la Wildlife Conservation Society (che ha sede presso lo zoo del Bronx a New York) e la University of Northern British Columbia (Canada), ovviamente tutte ne hanno dato notizia sul loro sito con una news, ho riportato tutti e tre gli articoli perché stordito sotto una montagna di dati mi sembra di aver colto una discrepanza. L’articolo del WCS dice che un terzo delle aree protette del mondo sono in pericolo e poi quantifica dicendo che 2,3 milioni di chilometri quadrati sono in condizioni tali da non proteggere la biodiversità, infine dice che le aree protette (raddoppiate rispetto al 1992) ammontano oggi al 15% della superficie terrestre (delle terre emerse). Il punto è che le terre emerse sono 149 milioni di chilometri quadrati, se le aree protette fossero davvero il 15% dovrebbero essere la bellezza di oltre 22 milioni di chilometri, quadrati e ovviamente un terzo di quella cifra è ben più, più vicini i 6 milioni di chilometri quadrati di cui parla l’articolo dell’Università del Queensland.



Perché vi ho sparato tutti questi dati? Perché potevate leggerli altrove e vi dico: lasciamo perdere le virgole (oppure leggiamo l’articolo scientifico) e veniamo al nocciolo della questione, una parte non indifferente della superficie terrestre è stata destinata dai vari governi ad essere protetta (con diversi gradi di protezione) con lo scopo dichiarato di difendere la biodiversità, eppure la perdita di biodiversità non si è arrestata, lo studio nasce proprio da questa constatazione e la risposta che trova è che non basta dichiarare un’area protetta per proteggerla davvero. Qui vi sarà scappato da ridere, che c’era bisogno di uno studio per sapere questo? Eppure è proprio quello che sta succedendo, per il 2020 c’è in programma di alzare quel 15% di un altro 2% ma a che serve se nelle attuali aree protette sono permesse molte attività umane impattanti? Ci sono aree dichiarate protette che ospitano al loro interno attività estrattive (anche se a relativamente basso impatto) o persino città, il punto dei ricercatori è che i governi stanno sovrastimando la dimensione delle aree davvero protette, per carità sono ben consci che al mondo ci sono sette miliardi di persone e che le esigenze delle aree protette si devono sposare con quelli delle popolazioni locali, ma il punto è che le aree protette vanno amministrate, i governi non possono dichiararle e poi disinteressarsene. Dal rapporto vengono pure buone notizie, i ricercatori hanno verificato che dove il livello di protezione è alto gli obiettivi di tutela della biodiversità sono raggiunti.

Fonte immagine: www.iucn.org

Roberto Todini

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