Arcata nel pulpito del Duomo di Pisa
Nel Duomo di Pisa è tuttora presente uno dei capisaldi dell’arte scultorea medievale, che contiene la prima raffigurazione di un’arcata di cui tratterò. Si tratta del pulito di Giovanni Pisano, completato nel 1311 e la cui elaborazione prese all’autore buona parte del primo decennio del quattordicesimo secolo. Che ci giriate intorno, o che lo guardiate poggiandovi su di una delle panche della chiesa, la sensazione di essere guidati in un percorso circolare a scoprire le storie, i personaggi e le iscrizioni non si modifica di forza. Ne è un esempio particolare la raffigurazione, in una delle formelle, contenente la Presentazione al Tempio. Mentre i personaggi nell’adiacente fuga in Egitto sembrano quasi andare via affastellati in una dinamica diagonale verso l’alto, le figure componenti la Presentazione prendono posto sotto le arcate goticheggianti del Tempio. L’architettura scolpita si rileva dal fondo guidando la scansione dei personaggi e la proposizione del Bambino come fulcro centrale; allo stesso tempo è garantito il rifluire dell’immagine nello svolgersi del pulpito senza che sia creata una vera e propria interruzione.
Arcata nel Giuramento degli Orazi
Vorrei passare ora ad un quadro di oltre quattro secoli successivo che porta avanti, nelle sue differenze, quanto visto nel pulpito di Giovanni Pisano. Nel 1784 Jacques-Louis David completa il suo “Giuramento degli Orazi”, che sarà esposto con grande successo l’anno successivo nel Salon parigino. Il tema si riconduce alla sfida tra Orazi e Curiazi per sancire la vincitrice tra Roma e Albalonga senza ulteriori spargimenti di sangue. Ritorna nella rappresentazione una dislocazione dei personaggi di fronte e al di sotto di un’arcata a tutto sesto; è il momento in cui il padre dei tre fratelli ha pronunciato la frase “O Roma o morte” e sta solennemente consegnando le armi ai giovani pronti alla loro impresa; mentre le donne della famiglia soffrono per la morte che si avvicina, ma senza lasciarsi andare di fronte a un destino che deve svolgersi in quel modo e passare per quelle persone.
Il ritmo dei personaggi
Nella rigorosa composizione ideata dall’artista francese, ancora una volta gli archi sottendono i personaggi; ancora una volta garantiscono lo scorrimento dello sguardo nella lettura di una storia che non trova interruzioni, ma solamente pause che permettono la comprensione degli snodi figurativi. È come un tamburo percosso a intervalli geometricamente prestabiliti in modo da dettare il ritmo della narrazione. Tum – tum – tum, a ogni colpo un gruppo di figure, a ogni pieno vuoti che lo calibrano e lo collegano al restante.
Narrazione più che apparizione
Il legame figurativo tra due opere così storicamente distanti mostra le possibilità compositive permesse dall’utilizzo di un’arcata; per la sua struttura architettonica sembra poter essere stata funzionale ad accompagnare una disposizione orizzontale di narrazioni. Una serie di archi ha, per esempio, un utilizzo diverso da una porta o una finestra aperta, da cui, anche per la conformazione rettilinea e priva di curvature, la figura che ne viene inquadrata può presentarsi come un’apparizione, un intervento maggiormente isolabile rispetto al fluire della rappresentazione e allo sguardo dell’osservatore che ne scorre la tessitura.
Giacomo Tiscione