Nonostante i numerosi sforzi internazionali per affrontare il problema dell’inquinamento da plastica, l’Arabia Saudita si è imposta come uno degli attori principali nel sostenere e promuovere l’industria della plastica a livello mondiale. La sua posizione intransigente durante le trattative delle Nazioni Unite ha sollevato preoccupazioni riguardo al futuro della diplomazia ambientale e ha reso più evidenti le difficoltà nel raggiungere un accordo globale su tematiche cruciali per la sostenibilità.
Il ruolo dell’Arabia Saudita nella diplomazia ambientale
L’Arabia Saudita, uno degli stati più ricchi e potenti grazie alle sue ingenti riserve di petrolio, ha messo in campo una strategia altamente sofisticata per tutelare e ampliare l’industria della plastica, un settore che è strettamente legato all’industria energetica. Ogni anno, la produzione di plastica vale circa 700 miliardi di dollari, e si prevede che il mercato continui a crescere, in particolare mentre il mondo si orienta verso l’adozione di energie rinnovabili e di veicoli elettrici. In questo scenario, l’industria della plastica rappresenta una delle principali fonti di domanda di petrolio.
Per difendere questo settore, l’Arabia Saudita ha investito notevoli risorse nella creazione di una squadra di negoziatori esperti con un mandato chiaro: ritardare e ostacolare ogni tentativo di limitare la produzione e l’uso della plastica. Questo gruppo di esperti ha dimostrato una capacità fuori dal comune nel condizionare le decisioni internazionali, tanto che anche le nazioni che si oppongono alla proliferazione della plastica si trovano in difficoltà nel riuscire a formare un fronte comune contro l’influenza saudita.
La diplomazia della plastica: il “gioco di squadra” saudita
Durante le trattative internazionali, l’Arabia Saudita ha adottato una strategia di “divisione e conquista” molto efficace. Avvalendosi dell’appoggio di alleati come la Russia e l’Iran, il paese ha fatto di tutto per rallentare i negoziati e impedire l’approvazione di un trattato vincolante per ridurre la plastica. Le tecniche adottate da Riad hanno incluso la ripetizione sistematica delle stesse posizioni da parte degli altri membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, creando inutili ritardi e portando a discussioni ripetitive che hanno consumato tempo prezioso.
Inoltre, l’Arabia Saudita ha fatto leva sulle difficoltà legate al finanziamento del trattato, una tematica che ha diviso i paesi sviluppati da quelli in via di sviluppo. Mentre i paesi più ricchi hanno già espresso la loro disponibilità a contribuire economicamente, l’Arabia Saudita ha insistito sul fatto che anche i paesi industrializzati dovessero prendere l’iniziativa nel finanziare le misure necessarie, rifiutandosi di assumersi responsabilità dirette nonostante il suo ruolo nella produzione globale di plastica.
Un occhio al futuro: l’evoluzione delle negoziazioni internazionali
Le esperienze di Busan hanno dimostrato che la preparazione anticipata e la costruzione di alleanze forti sono essenziali prima che i negoziati prendano il via. I rappresentanti dei paesi partecipanti hanno osservato che non è sufficiente un incontro di cinque giorni per raggiungere soluzioni concrete su tematiche così complesse. Piuttosto, il tradizionale approccio delle Nazioni Unite, basato sul consenso, potrebbe rappresentare un ostacolo ai progressi. Questo sistema permette a ogni stato di porre il proprio veto su eventuali modifiche, consentendo a paesi come l’Arabia Saudita di bloccare ogni avanzamento senza essere costretti a prendere una decisione in minoranza.
Con l’approfondirsi della discussione sulla plastica, le preoccupazioni aumentano, poiché i fiumi, gli oceani e i terreni agricoli continuano a essere saturi di plastica, che sta entrando anche nella catena alimentare e nei nostri corpi attraverso le microplastiche. Le implicazioni per la salute umana sono gravi, e le ripercussioni sull’ecosistema globale sono altrettanto allarmanti.
I rischi del multilateralismo basato sul consenso
I negoziati recenti hanno sollevato domande anche sull’efficacia del modello di multilateralismo adottato finora, in cui ogni paese ha la possibilità di porre il proprio veto. In questo sistema, le potenze petrolifere come l’Arabia Saudita sono in grado di bloccare i progressi, anche se la maggior parte delle nazioni è favorevole a un accordo. La questione dell’inquinamento da plastica è ormai riconosciuta come una delle sfide più urgenti, ma la possibilità che paesi economicamente potenti possano bloccare l’adozione di misure concrete rischia di compromettere i risultati delle trattative.
La sfida principale ora è trovare un equilibrio tra le necessità economiche di alcuni paesi e gli interessi politici globali, senza compromettere la sostenibilità ambientale. I paesi che si dichiarano favorevoli a un trattato ambizioso devono cercare alleanze più solide e prepararsi a una battaglia lunga e difficile nei prossimi negoziati.