Aquarius cessa le operazioni di soccorso ai migranti. Finisce così, dopo varie vicissitudini, l’attività di salvataggio della nave. Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee, in un comunicato, denunciano “Una scelta dolorosa, ma purtroppo obbligata, che lascerà nel Mediterraneo più morti evitabili, senza alcun testimone“.
Nell’annuncio le due ONG spiegano che questa scelta è sta presa a seguito della mancata concessione di qualsiasi Stato a dare la propria bandiera alla nave. Immediata l’esultanza di Marine Le Pen in un tweet:
Le dichiarazioni di Medici Senza Frontiere
Dopo due mesi in porto a Marsiglia senza riuscire a ottenere una bandiera, e mentre uomini, donne e bambini continuano a morire in mare, Msf e Sos Mediterraee sono costrette a chiudere le attività della nave Aquarius. Una scelta dolorosa, ma purtroppo obbligata, che lascerà nel Mediterraneo più morti evitabili, senza alcun testimone.
A questo amaro commento, Karline Kleijer, Responsabile Emergenze Msf aggiunge: “Per noi, in questo momento, la combinazione di fattori data dal Pubblico Ministero italiano che ha chiesto il sequestro della barca e dalla nostra ricerca di una bandiera ci rende impossibile continuare, il che peraltro non significa che non torneremo con un’altra nave”.
La presidente di Msf, Claudia Lodesani, conclude: “In un crescente clima di criminalizzazione dei migranti e di chi li aiuta, si perde di vista il principio stesso di umanità. Ma finché le persone continueranno a morire in mare o a subire atroci sofferenze in Libia, cercheremo nuovi modi per fornire loro l’assistenza umanitaria e le cure mediche di cui hanno disperatamente bisogno.”
Le varie peripezie dell’Aquarius
La Aquarius è una rompighiaccio del ’77 dell’armatore tedesco Hempel, e gestita dal 2017 dalla Jasmund shipping, che la trasforma in nave di ricerca e soccorso in seguito ad accordi economici con Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranée. Tuttavia, la nave ha iniziato le proprie attività di ricerca e soccorso già dal febbraio 2016, assistendo circa 30.000 persone nelle acque internazionali tra Libia, Italia e Malta, come ricorda la già citata Claudia Lodesani.
Ha operato per un paio d’anni nel Mediterraneo finché, nel giugno di quest’anno, il governo maltese e quello italiano le hanno negato l’approdo. In quell’occasione i migranti soccorsi furono portati in Spagna, ma lo stesso governo spagnolo, circa due mesi dopo, negò l’attracco alla nave e, di nuovo, anche Malta e Italia.
Fino a qualche mese fa, infatti, il natante aveva bandiera gibilterrina, poi ritirata a causa delle numerose polemiche sull’attività di soccorso delle ONG e perché risultava ancora registrato per esplorazioni oceanografiche invece che per ricerca e soccorso. Fu quindi chiesto di poter battere bandiera di altri Paesi, compreso il Vaticano che rifiutò. Il 20 agosto, Panama aveva dichiarato la propria disponibilità a concedere la propria bandiera alla nave, per poi ritirarla nemmeno un mese dopo, a causa di pressioni da parte del governo italiano.
Infine, anche le autorità tedesche obiettarono che la nave avesse una registrazione irregolare, dato che era inadatta allo scopo per la quale veniva utilizzata: sia in Germani che a Gibilterra risultava registrata come nave oceanografica e, di conseguenza, non avrebbe potuto essere usata come nave passeggeri.
Attualmente, la nave si trova a Marsiglia, sotto sequestro per ordine della procura di Catania, con l’accusa di traffico e smaltimento illecito di rifiuti speciali (solo l’ultima delle numerose polemiche in cui la nave si è trovata da qualche mese).
Una vittoria delle politiche anti-immigrazione? Forse. Perché, nonostante l’esultanza di Marine Le Pen in un tweet, lo status della nave Aquarius non è mai stato molto chiaro. E anche chi è favorevole al soccorso in mare dei migranti e del conseguente attracco in qualche porto europeo, dovrebbe riflettere sul fatto che un po’ di chiarezza in più non avrebbe nuociuto.
Domenico Di Maura