Apre Dangote Refinery: la più grande raffineria di petrolio dell’Africa

Apre Dangote Refinery: la più grande raffineria di petrolio dell'Africa

 

Dangote Refinery è la più grande raffineria africana e viene inaugurata con l’obiettivo di sollevare la Nigeria dalla carenza di carburante.

L’inaugurazione della Dangote Refinery è avvenuta lo scorso 22 maggio a Lagos, in Nigeria. La raffineria è la più grande dell’Africa e l’allora presidente Muhammadu Buhari l’ha definita come una svolta per il mercato dei prodotti petroliferi e le carenze di carburante che da anni coinvolgono il Paese





Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC), oggi la Nigeria è al primo posto in Africa per ricchezza di petrolio. Tuttavia, il Paese dipende dall’importazione estera di prodotti combustibili raffinati a causa della mancanza di capacità di raffinazione locale. In Nigeria si consumano circa 33 milioni di litri di benzina al giorno, non solo per far funzionare i mezzi di trasporto (destinati all’uso personale tanto quanto alla diffusione di cibo e beni), ma soprattutto per l’alimentazione di generatori di energia necessari a produrre elettricità.

 

La carenza di carburante in Nigeria

Pur essendo uno dei maggiori esportatori di petrolio in Africa, la Nigeria ha subito negativamente l’aumento dei prezzi del greggio che ha preso corpo a partire dall’inizio della guerra in Ucraina (fino a 130 dollari al barile). Nonostante le ricchezze petrolifere, il Paese non è in grado di soddisfare la domanda interna di carburante e soffre di una carenza cronica. Il disuso e il malfunzionamento delle raffinerie statali ha finora costretto la Nigeria a importare prodotti petroliferi raffinati. L’impossibilità di accedere al carburante ha in questi anni paralizzato molte imprese e reso impossibile per milioni di persone rifornire auto e generatori di energia.

Per questi motivi, la questione dei sussidi per il carburante che il Paese concede dagli anni Settanta è ancora al centro di discussioni pubbliche. L’abolizione, iniziata nel novembre 2021 dall’allora presidente, è stata confermata dal neopresidente Bula Tinubu durante il discorso di insediamento dello scorso 29 maggio. Oltre alle proteste, negli anni questa situazione ha dato inizio a un mercato nero di benzina. Come ha dichiarato Isa Sanusi, direttore ad interim di Amnesty International Nigeria, la rimozione dei sussidi ha avuto e ancora avrà effetti a catena soprattutto sulla vita quotidiana delle persone a basso reddito. Molti temono di non essere in grado di sostenere i costi dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria e dei mezzi di sostentamento.

 

Dangote Refinery

Dangote refinery è un progetto integrato di raffineria e petrolchimica che si sviluppa su un’area di 2.635 ettari vicino alla laguna di Lekki, a sud-est dello stato del Lagos, lungo la costa dell’Oceano Atlantico in Nigeria. La raffineria è stata finanziata da Aliko Dangote, l’uomo più ricco dell’Africa, ed è uno dei più grandi investimenti della Nigeria. La costruzione è costata 19 miliardi di dollari e ha un debito in essere di circa 2,75 miliardi di dollari.

Tra gli impianti di lavorazione ci sono un’unità di distillazione del greggio (CDU) e strutture associate, un’unità di mild hydrocracking (MHC), un’unità di cracking catalitico a fluido residuo (RFCC), un idrotrattore di nafta e un’unità di idrodesolforazione della benzina (HDS). Il complesso dispone di una centrale elettrica da 435 megawatt, di un porto in acque profonde e di un impianto di fertilizzazione finalizzato a usare i sottoprodotti della raffineria come materie prime. Si tratta di un sistema destinato a seguire ogni passaggio della lavorazione dei prodotti petroliferi, dall’estrazione del greggio ai diversi stadi di raffinazione.

Le operazioni della Dangote refinery inizieranno entro la fine dell’anno. La struttura prevede di produrre 650 mila barili di petrolio al giorno ed è progettata per  ricavare fino a 50 milioni di litri di benzina e 15 milioni di litri di diesel al giorno. Inoltre, il progetto prevede di esportare la benzina in eccesso. Secondo Dangote, l’impianto trasformerà uno dei più grandi produttori di petrolio dell’Africa in un centro di esportazione per i prodotti petroliferi, contribuendo a soddisfare la crescente domanda interna di carburante e generando al contempo valuta estera attraverso le esportazioni. Oltre ai circa 250.000 posti di lavoro, si prevede che la raffineria creerà anche nuove opportunità commerciali.

 

Una salvezza reale per la Nigeria?

L’idea che la Dangote refinery possa risolvere la dipendenza dalle importazioni di carburante è vera, ma ciò non significa che risolverà effettivamente i problemi economici in Nigeria: un paese in cui più di 70 milioni di persone sui 200 milioni di abitanti in totale vivono in condizioni di povertà estrema (32% della popolazione).  Secondo alcuni, la raffineria faticherà a fornire prodotti più economici rispetto a quelli importati da impianti occidentali

Infatti, pur avendo registrato 1,184 milioni di barili al giorno lo scorso maggio, la produzione di petrolio della Nigeria subisce da tempo atti di vandalismo degli oleodotti e frequenti furti del greggio animati da una corruzione diffusa tra diversi enti statali. Inoltre, la Dangote refinery è destinata a creare un monopolio che mette l’economia di un intero Paese alla mercé di un unico fornitore, con rischi che variano dalla perdita della capacità di raffinazione ogni volta che si verifica un problema, a una minaccia alla sicurezza nazionale a causa dell’eccessiva dipendenza e delle difficoltà nella regolamentazione.

 

La Dangote refinery su una scia di problemi ambientali e sociali

Oltre a scontrarsi con gli obiettivi di investimento in energia rinnovabile dell’Africa Agenda 2063, e appoggiare la prospettiva di una sostenibilità utopica, la Dangote refinery rischia di avere un impatto negativo per l’ambiente e per la salute delle persone che vivono nelle sue immediate vicinanze. Infatti, gli inquinanti che le raffinerie petrolifere emettono nell’aria e nell’acqua (come monossido di carbonio, anidride solforosa, ossidi di azoto e particolato) possono avere impatti ambientali come la contaminazione del suolo, piogge acide e l’inquinamento delle acque. Inoltre, rilevante è anche il rischio di incidenti negli impianti petroliferi ai quali la Nigeria non è nuova. Basti pensare alle condizioni del delta del fiume Niger: luogo di conflitto che non di rado ha subito le conseguenze delle fuoriuscite di petrolio dagli oleodotti che costeggiano la zona.

L’inadeguatezza dei quadri normativi e dei sistemi di controllo sulle attività petrolifere ha portato la Nigeria a subire numerosi danni ambientali. La costruzione di oleodotti ha distrutto terreno coltivabile e ha inquinato falde acquifere in zone in cui le popolazioni dipendono tradizionalmente da attività agricole. Anche se con il Petroleum Industry Act (PIA) del 2021 la situazione normativa è migliorata, la corruzione e la poca trasparenza nel settore petrolifero nigeriano sono molto forti e lo dimostrano i frequenti episodi di furto di greggio. Il rilancio di questa problematica è una priorità anche per il neopresidente nigeriano Bola Tinubu. Anche se è stata fonte di ricchezza, l’industria petrolifera è per il Paese una sciagura che ha avvelenato l’ambiente e innescato disordini. Pur dietro l’appannaggio di un’autonomia economica e di una soluzione alla carenza cronica di carburante, la Dangote refinery rischia di essere un’altra catena tra la Nigeria e lo sfruttamento petrolifero.

 

 Stella Canonico

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