L’approccio concettuale di Michela Zoppi al design grafico

Cosa significa progettare oggi? E cosa si perde nel passato della disciplina del design della comunicazione che dovremmo far rivivere? Queste le domande che si è posta Michela Zoppi nel suo recente progetto “non credo nel design rivoluzionario”.

Michela Zoppi nel suo libro “Io non credo nel design rivoluzionario” esplora il ruolo sociale e la critica del design dagli anni ’80 ad oggi. Con alcuni consigli per il futuro della disciplina. Ispirata da una serie di riferimenti che includono gli esperimenti tipografici del Movimento Futurista, la poesia di William Blake e i film di Jean Lucas Godard, ha sviluppato un approccio concettuale e stimolante al suo lavoro.

Una raccolta di dichiarazioni, saggi e punti di vista, che nasce con l’idea di raccontare la critica del design come una struttura fatta di livelli e nodi connettivi. Livelli e nodi che formano, nel volume, il discorso attorno al designer, al suo ruolo sociale e alle sue forme aggregative. Come strumenti di prassi progettuale.

Un mondo che pur essendo ricco di applicazioni pratiche, promuove l’esplorazione delle idee da un punto di vista concettuale. Ed è proprio in questo spazio che si colloca il lavoro della designer italiana Michela Zoppi. Che si tratti di videoinstallazione, poster o design editoriale, la firma di Michela Zoppi è il suo processo di ricerca.





Partendo da un saggio scritto da Pierre Bernard, fondatore di Grapus, il collettivo francese del ’68, il libro esplora a partire dagli anni ’70 saggi, idee e modi di lavorare su designer socialmente impegnati. Si aggiungono le voci dei progettisti che fino ad oggi hanno contribuito a definire l’immagine della disciplina.

Il libro ha assunto come primo principio l’importanza per il designer di avere un ruolo sociale. Dove può sviluppare pratiche personali e buoni principi teorici per aiutare la disciplina a riscoprire la qualità che sembrava persa dopo la diffusione della pubblicità e della comunicazione di massa.

Non credo nel design rivoluzionario

Il volume della Zoppi è diviso in tre capitoli, focalizzati sui tre temi macro del saggio di Bernard, ciascuno supportato da interviste a designer contemporanei provenienti da Francia, Italia e Regno Unito. Queste tre sezioni hanno “lo stesso punto di partenza e le stesse strutture visive. Tutte con qualcosa di originale, legato al tema di cui si occupano”.

michela-zoppi-graphic-designNel corso della pubblicazione, la persistenza di un sistema a griglia e di due caratteri fornisce un terreno comune dal quale Michela Zoppi apporta piccole modifiche. Come il colore, per distinguere tra i contenuti di ogni capitolo: “la figura poliedrica del grafico”, “il progetto, il messaggio e il lavoro come collettivo” e “il ruolo sociale del grafico”.

Il volume affronta il ruolo sempre mutevole del design nella società, il suo modo di lavorare in strutture poliedriche, come gruppi collettivi. Il capitolo in cui Maki Suzuki del collettivo Åbäke parla di design, politica e vita di tutti i giorni e la capacità del grafico di adattare e cambiare la sua gamma di interessi e studi su ciò che la realtà offre come punti critici per migliorare o per cambiare.

 

Pierre Bernard
Non credo nel design rivoluzionario, ma credo che esistano disegni reazionari. È sempre più facile perpetuare le stesse forme e contenuti, piuttosto che cercarne di nuovi ‘. 

Così Pierre Bernard apre l’articolo di Eye Magazine in cui racconta le ragioni di Grapus e di quella che è stata la sua pratica come figura poliedrica nel mondo del design.





Pierre Bernard ( 1942-2015) è stato un artista e graphic designer francese membro e poi direttore dell’Atelier Création Graphique di Parigi. Organizzazione da lui fondata assieme a Dirk Behage e Fokke Draaijer . Ha ricevuto il premio Erasmus 2006. Lo status di Bernard come graphic designer è uguale a quello di artisti grafici come Niklaus Troxler e Werner Jekerof della Svizzera e Eiko Ishioka del Giappone

 

Nel 1970 Pierre Bernard, che aveva studiato con il poster designer polacco Henryk Tomaszewski, fondò Grapus, in Francia nel Comune di Aubervilliers nella banlieu parigina. Assieme a François Miehe e Gérard Paris-Clavel. Pierre Bernard e Paris-Clavel  erano entrambi reduci dall’esperienza esaltante dell’Atelier Populaire che nachue e si sviluppo nel 1968 durante il Maggio francese. Tutti membri del Partito Comunista Francese (PCF).

Pierre Bernard e Paris-Clavel  fondarono uno studio di grafica che ne continuasse lo stile e soprattutto le idee. In seguito nel 1975 Alex Giordano e Jean-Paul Bachollet aderirono al gruppo. Nel 1978, dopo la che Miehe lasciò l’ Equipe Grapus, il nucleo del gruppo trovò un equilibrio. Grapus funzionò come collettivo e tutti i progetti furono firmati collettivamente. Il 1 ° gennaio 1991 Grapus si sciolse.

Sezionando il saggio di Pierre Bernard in modo così metodico, e in combinazione con una chiara gerarchia progettuale, il progetto di Michela affronta il ruolo in continua evoluzione del designer nella società. In tempi chiaramente incerti, offre una prospettiva su come il designer può adattare e cambiare la propria gamma di interessi e studi al fine di riflettere, contribuire o fare il cambiamento all’interno della nostra società.

 

Felicia Bruscino
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