Forse non tutti sanno che l’apprendimento di una lingua è una capacità geneticamente determinata – innata per gli essere umani.
Questa teoria dell’apprendimento e produzione del linguaggio è stata sviluppata nel 1965 da Noam Chomsky, Professore di linguistica al Massachussets Institute of Technology, nonché filosofo, storico, e teorico della comunicazione.
Ipotizzò quindi l’esistenza, in ciascun essere umano, di una parte del cervello dedicata all’apprendimento del linguaggio (Language Acquisition Device – LAD). Una struttura biologica, congenita, innata, utilizzata per apprendere la lingua, una grammatica universale.
Dunque, il nostro cervello è dotato sin dalla nascita di una serie di competenze e abilità che veicolano l’apprendimento e la produzione del linguaggio. Queste attitudini, queste regole grammaticali portano l’uomo a produrre infinite frasi attraverso un numero finito di parole apprese con la pratica. Le frasi sono costruite attraverso queste regole innate, usando delle strutture grammaticali che, in un secondo momento, servono a costruire frasi più strutturate.
Secondo Chomsky, l’ apprendimento del linguaggio in un bambino non avviene per imitazione dell’adulto, ma è un processo attivo che parte da un bagaglio di conoscenze già esistenti, utilizzate dalla persona per apprendere delle regole grammaticali.
Le lingue impossibili
Partendo dai fondamenti delle LDA, Andrea Moro, Professore ordinario di linguistica generale, neuroscienziato, e responsabile dell’Area di Scienze Cognitive, Comportamentali e Sociali allo IUSS di Pavia, ha condotto due esperimenti di notevole importanza, uno in Italia e l’altro in Germania, utilizzando la tecnica delle neuroimmagini, attraverso la risonanza magnetica.
I dati emersi da questi due esperimenti, effettuati da due equipe differenti, avvalorano la tesi per cui la sintassi delle lingue umane sia insita nella struttura neurobiologica del cervello, e non sia da considerare come un fatto culturale o convenzionale.
Dunque, solo alcune porzioni del cervello umano (in modo particolare l‘Area di Broca), vengono attivate durante l’apprendimento di linguaggi che rispondono ai requisiti della Grammatica Universale, mentre non si attivano quando la grammatica viene manipolata in modo artificiale, quando vengono create lingue impossibile con sintassi forzate.
Il prof. Moro dichiara infatti:
“…utilizzando tecniche di neuroimmagini si è mostrato che se si insegnano lingue che non hanno strutture ricorsive il cervello le riconosce e non attiva le reti neuronali tipiche per il linguaggio umano. Questi esperimenti, ai quali ho preso parte insieme a vari gruppi di ricerca sono ora descritti in un linguaggio semplice nei “Confini di Babele” (Il Mulino) e in un libro appena uscito “Impossible Languages” (MIT Press).
In una recente intervista apparsa su Wired, in merito al film di fantascienza di Denis Villeneuve, Arrival, sulla possibilità di interpretare una lingua aliena, l’esistenza di un linguaggio universale, sempre il prof. Moro afferma:
“Se per universale si intende tra tutte le forme viventi e dotate di intenzione di comunicare penso proprio di no. La linguistica ormai ha chiarito che la struttura di una lingua umana dipende direttamente dall’architettura del cervello e dunque anche semplicemente rimanendo sul nostro pianeta non essendo tutti cervelli uguali (per le specie che hanno cervelli) il linguaggio universale è impossibile. Una domanda però apparentemente strana e percossi dire inaspettata è se possa esistere un linguaggio universale per tutti gli esseri viventi e la risposta è che di fatto, a patto di utilizzare metodi matematici adeguati, tutte le lingue possono essere viste come la variazione su uno stesso tema, un po’ come i fiocchi di neve: ai nostri occhi sembrano tutti diversi, come sembrano tutte diverse le lingue alle nostre orecchie, ma la struttura di base è la stessa.”
Marta Brusoni