Turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture le accuse ipotizzate. A realizzare le tre strutture, a Napoli, Salerno e Caserta, una ditta di Padova.
Per fronteggiare al meglio la pandemia di Coronavirus, nel cuore dell’emergenza lo scorso marzo la regione Campania aveva deciso di costruire tre Covid Hospital, rispettivamente a Napoli, Salerno e Caserta. Quelle strutture, che sarebbero costate oltre 15 milioni di euro, sono ora finite al centro di un’inchiesta della Procura di Napoli, che vede al momento indagate quattro persone.
LE ACCUSE
I pm partenopei ipotizzano al momento i reati di concorso in turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture. I quattro indagati sarebbero Roberta Santaniello, dirigente dell’ufficio di gabinetto della giunta regionale e membro dell’unità di crisi; Corrado Cuccurullo, presidente della Soresa, la centrale regionale per gli acquisti; Ciro Verdoliva, manager della Asl Napoli 1; Luca Cascone, consigliere regionale del Partito Democratico. Nei giorni scorsi la procura ha disposto sequestri di computer, tablet e telefoni cellulari appartenenti agli indagati.
I DUBBI DEI PM
I pubblici ministeri Mariella Di Mauro e Simone De Roxas, che conducono le indagini coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, vogliono far luce sulle presunte criticità ipotizzate al momento soprattutto in relazione alle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dell’ospedale di Ponticelli, a Napoli. Alla gara, durata appena un paio di giorni, avrebbero preso parte sette aziende. A vincere era stata la società Med, di Padova. Ma la procura vuole ora scoprire se ci sono state irregolarità nell’assegnazione dell’appalto, decisa proprio da Soresa con procedura d’urgenza, resa possibile per l’emergenza Coronavirus.
DUE SU TRE MAI APERTI
L’ospedale di Ponticelli sarebbe tra l’altro l’unico, tra i tre Covid Hospital della Campania, ad essere stato aperto. Quelli di Salerno e Caserta invece, secondo quanto rivelato da Fanpage, alla fine di luglio non erano nemmeno stati sottoposti a collaudo, e dunque non risultavano funzionanti. E così, i 72 posti in più che le tre strutture avrebbero dovuto mettere a disposizione per i malati di Coronavirus, sono rimasti in gran parte disponibili solo sulla carta.
DINO CARDARELLI