L’App della personalità: sarà l’uso che facciamo del cellulare a definire chi siamo

Ultima Voce App della personalità

Per anni gli psicologi hanno cercato di misurare oggettivamente i tratti essenziali del carattere. Ora potrebbero esserci riusciti.

L’app della personalità sta per essere lanciata. A dirlo è lo psicologo Samuel D. Gosling, professore presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università del Texas, a Austin. La notizia sconvolgente è aver trovato un metodo efficace per raccogliere dati oggettivi, senza affidarsi a test auto-valutativi.

La mente umana è un luogo oscuro, di difficile interpretazione. Gli studiosi cercano da tempo di arrivare a una “teoria del carattere” che spieghi il comportamento degli individui. Tuttavia, la personalità non è una grandezza fisica, facilmente misurabile. La definizione più accreditata definisce la personalità come “un’assortimento di tendenze e predisposizioni permanenti a determinati comportamenti”.

Queste tendenze non sono immediatamente percepibili, ecco perché ogni ricerca nel campo ha mostrato parecchie lacune.  Ora, pare si sia quasi arrivati a una teoria scientifica che soddisfa le tre condizioni necessarie: validità, attendibilità e oggettività.

L’app della personalità: i primi studi

Definire scientificamente la personalità non è cosa semplice. Il carattere umano non è immediatamente accessibile, ma va dedotto dall’osservazione del comportamento in determinate situazioni.

Per anni gli psicologi hanno utilizzato dei test auto-valutativi carichi di quesiti, per cercare di delineare un certo tipo d’individuo. Questi test, che hanno più o meno pretesa di serietà, non possono essere considerati oggettivi, poiché si dovrebbe presupporre la totale onestà del soggetto che li compila.

Per intenderci, Salvini potrebbe tranquillamente affermare di essere un uomo generoso, aperto alle novità e al diverso. Nessuno potrebbe contraddirlo, poiché questo tipo di test non ammette risposte corrette o errate, ma serve esclusivamente a delineare determinate tendenze per arrivare a una data teoria. Grazie agli smartphone e a internet questo contro potrebbe essere stato superato, ma andiamo per gradi.




Il capostipite di tutti i test auto-valutativi è stato sviluppato dallo psicologo Robert S. Woodworth nel 1917, su incarico dell’esercito statunitense. I militari cercavano d’individuare quei soldati “emotivamente instabili” che, al ritorno dalla Prima Guerra Mondiale, erano inadatti al combattimento. Woodworth aveva raccolto tutti i dati che secondo lui definivano una personalità introversa e volubile e, nel 1924, pubblicò il Woodworth personal data sheet, che conteneva 75 domande.

Questo studio fu poi utilizzato dalle grandi aziende per identificare gli individui “disadattati”, più propensi a ribellarsi alle dure condizioni lavorative e dunque inadatti. Per molto tempo il campo fu ristretto alla “stabilità emotiva” e l’interesse era puramente economico.

Poi arrivarono gli studi di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, che iniziarono a lavorare su teorie generali della personalità, ma senza fondamenti realmente scientifici. Bisognava fidarsi della loro autorevolezza.

L’app della personalità: le parole contano

Per individuare scientificamente la personalità c’è un metodo più efficace e stranamente semplice: usare il dizionario. Nel 1884 l’erudito Francis Galton capì che nella storia dell’umanità il concetto di personalità era sempre stato importante. Di conseguenza l’unico mezzo per arrivare ad un’oggettivazione della teoria era studiare la Lingua.

Infatti gli uomini hanno istintivamente cercato di raccogliere tutti gli aggettivi che ben o male servivano a delineare il carattere umano, ciascuno con le relative sfaccettature. Studiarli è stato un buon punto di partenza, ma la questione resta vaga e ampia.

Attraverso un’analisi fattoriale si è scoperto che gli aggettivi possono essere raggruppati in macro-categorie  indipendenti, conosciute come big five:

Quasi tutti i test della personalità collocano le persone in base a queste tipologie.

Le ultime tendenze

Lo psicologo Samuel Gosling è un luminare sugli studi della personalità. Secondo il suo punto di vista, basterebbe osservare la stanza di uno studente per formulare un’ipotesi sul suo carattere. In pratica, per arrivare a una teoria scientifica, basterebbe osservare qualcuno in varie situazioni. Dunque, cosa c’è di meglio degli smartphone?! Il cellulare tiene traccia di ogni nostro movimento. Inoltre, i like e gli interventi sul web delineano le nostre preferenze e il nostro modo di relazionarci al prossimo.

Tal Yarkoni, collega di Gosling, ha studiato la relazione tra le parole e il web scegliendo i blogger come cavie. Come i loro predecessori, che studiavano il dizionario per evincere la struttura del carattere umano, adesso si cerca di ricostruire scientificamente la nostra personalità attraverso le preferenze musicali, le chat, i sensori di movimento, gli acquisti su Amazon e i like su Facebook. 

Gosling dice: “Oggi carichiamo il curriculum su LinkedIn, domani magari allegheremo un link alla nostra personality-app”

Altro che George Orwell e “Grande Fratello“. Nel 2016 l’azienda Cambridge Analytica aveva già recuperato parecchi dati degli utenti per venderli ai partiti politici. Cosa accadrebbe se davvero la nostra personalità, la nostra più pura intimità, fosse spiattellata su internet come un dato qualsiasi?!

Ogni scoperta scientifica ha i suoi pregi e i suoi difetti, in base a come viene utilizzata. Sicuramente un’ app della personalità potrebbe avvantaggiare i più introversi nella ricerca di un lavoro, ma nello stesso tempo, che ne sarà della privacy? 

Antonia Galise

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