Credo360, la prima app che recensisce le persone

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Aristotele definiva l’uomo un “animale sociale” e, d’altronde, tutti noi sappiamo quanto importanti siano le interazioni sociali e quanto esse costituiscano un parametro imprescindibile per la nostra credibilità. Se fino ad oggi, però- nonostante siamo ormai pienamente immersi nell’era social-, il contatto diretto era indispensabile per effettuare valutazioni di questo tipo, ora, col lancio dell’app Credo360, per valutare l’affidabilità di una persona sarà sufficiente un semplice clic.

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L’applicazione Credo360, lanciata con lo slogan Live in an honest world, permette infatti di lasciare recensioni per valutare, con un punteggio da 1 a 360, l’affidabilità di una persona sui social media.

La votazione viene lasciata in completo anonimato, e può essere effettuata solo a seguito di interazioni di un certo livello.

Inoltre, non tutte le valutazioni hanno lo stesso peso, determinandosi dei coefficienti a seconda della quantità e della frequenza delle interazioni.

L’applicazione è stata creata dall’omonima società fondata nel 2016, Credo360, il cui obiettivo dichiarato è:

Rendere il mondo più onesto e ridurre i rischi di frode e conflitto nelle interazioni tra persone”.

Il video di presentazione dell’app ricollega, per l’appunto, la sua genesi alla necessità, in un mondo come quello digitale attuale- in cui potenzialmente si ha modo di entrare in contatto con chiunque, a scopi commerciali e non-, di doversi spesso affidare a persone di cui non si conosce nulla, con rischi di ogni tipo.

Adoperando Credo360, invece, si ha la possibilità di farsi un’idea della persona che sta dall’altro lato dello schermo, poiché il Reputation Score assegnatole dall’app viene calcolato sulla base della forza dei suoi profili social, sulla sua cerchia di amici e sui feedback lasciati dai soggetti che hanno interagito con l’individuo “recensito”.

Nonostante la finalità sicuramente apprezzabile degli ideatori dell’app Credo360– che, tra l’altro, non costituisce neanche il primo esempio di applicazione modellata in questo modo: si pensi, ad esempio, alla cinese RateMe o all’americana Peeple-, molti sono rimasti inorriditi.




A parecchi Credo360 ha ricordato la terza stagione della serie tv Black Mirror, ed in particolare il primo episodio, Nosedive, in cui la protagonista, Lacie, è totalmente dipendente dal sistema di valutazione e dall’obiettivo di raggiungere un voto sufficiente, al fine di non andare incontro alla riprovazione sociale.

L’app, in realtà, nasce molto prima dell’episodio– nel quale, tra l’altro, i voti sono pubblici ed ogni singola interazione viene valutata; tuttavia, cosa ci vieta di arrivare a quel punto?

Sappiamo bene tutti quanto, ormai, i social media inizino ad avere un peso determinante anche nella vita reale: quante volte sarà capitato a qualcuno di voi di sentir quantificare già l’importanza di una persona in base al numero di like o di follower che può vantare su Instagram o su Facebook?




In un’era in cui abbiamo di nuovo la massima visibilità e in cui più di ogni altro momento storico precedente è possibile interagire con chiunque, quante “interazioni significative” possono determinare il nostro ostracismo dalle relazioni sui social?

Tanti sono gli interrogativi che il lancio di Credo360 determina. Forse, però, essa non è altro che la riprova della teoria del “quantified self“, elaborata dal filosofo coreano Byung Chul-Han, secondo cui siamo noi in prima persona ad operare una costrizione su noi stessi al fine di migliorare continuamente la nostra reputazione virtuale, della quale siamo schiavi.

Per lo studioso, insomma, oggi ciascuno è un lavoratore che sfrutta se stesso per la propria impresa, così che il fenomeno social altro non farebbe che costituire vetrine per esporre ciò che ciascuno di noi offre sul mercato. In tal modo, siamo noi a volere un feedback, e non una non meglio precisata sfera sociale ad imporcelo.

Voi cosa ne pensate?




Lidia Fontanella

 

 

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