Praticamente nulla.
La legge Scelba è composta da dieci articoli e prevede multa e reclusione in caso di violazione della norma. Si parla però di “apologia del fascismo” solo nell’articolo 4 e con essa si intende la difesa, a parole o scritta, del regime fascista.
“Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell’articolo 1 è punto con la reclusione da sei mesi a due anni“.
Art. 4, Legge 645/1952 (Legge Scelba)
Sembra dunque che la legge Scelba consideri reato inneggiare al fascismo, urlarne gli slogan, esaltando e rimpiangendo Mussolini. Nella realtà le cose però sono molto diverse. La legge Scelba esiste, ma la Corte Costituzionale ne ha più volte ridotto la portata.
Sono fascista. La legge Scelba limita la mia libertà di espressione?
No.
Il primo bersaglio della legge Scelba è stato infatti il Movimento Sociale Italiano, partito fondato nel 1946 da alcuni reduci del partito fascista. Sui suoi esponenti gravava l’accusa di apologia del fascismo, ex articolo 4. In loro difesa, gli imputati sostennero che l’articolo in oggetto era in palese contrasto con quanto previsto dalla nostra Costituzione in merito alla libertà di espressione, all’art. 21. Il Tribunale di Torino interpellò a quel punto la Corte Costituzionale che disse che la legge Scelba non violava la Costituzione. Aggiunse però un’importante precisazione: stabilì che per apologia non si potesse intendere un semplice elogio del fascismo. Per la punibilità era infatti necessaria un’esaltazione “tale da poter condurre alla riorganizzazione del partito fascista”.
Anche nel 1958, a proposito delle manifestazioni fasciste proibite dall’art.5, la Corte Costituzionale fornì un’interpretazione restrittiva della norma. Affermò infatti che le manifestazioni erano vietate solo nel caso in cui puntassero, ancora una volta, alla ricostruzione del partito fascista.