Si sente spesso parlare di un reato noto come “apologia del fascismo”. Nasce una polemica, il dibattito occupa i giornali per qualche giorno e poi tutto torna come prima. Ecco quindi una rapida guida per capire cosa succederebbe se ci capitasse di essere fascisti in Italia.
Apologia del fascismo o libertà di espressione? Come nel caso della discussione nata in merito al Salone del libro, i pareri sono contrastanti quando in Italia si parla del Ventennio e delle tendenze nostalgiche a cui ogni giorno assistiamo. Proviamo a capirci qualcosa insieme.
L’apologia del fascismo esiste davvero?
Sì.
Una norma esiste e si chiama “Legge Scelba”. E’ stata emanata nel 1952, per dare applicazione a una delle disposizioni transitorie finali che erano state aggiunte in coda alla Costituzione, approvata quattro anni prima.
«È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.»
XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana
Nel primo articolo, la legge Scelba spiega cosa si intende per “riorganizzazione” del partito fascista.
“…quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.”
Art. 1, Legge 645/1952 (Legge Scelba)