Apologia Definitiva di Pokémon Go

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Anno 2016, pianeta terra, realtà virtuale: il mondo si divide tra chi gioca e chi sbraita contro. In ogni caso, tutti schiavi di qualcosa.

Ora e mai più: la capacità che abbiamo di fare polemica su qualcosa è segno di una profonda malattia che ormai ci attanaglia: la presuntuosa e prepotente convinzione che il proprio personale punto di vista sia quello corretto e niente di più all’infuori di esso. O peggio: non il proprio personale, piuttosto quello che abbiamo adottato da una moda del momento che meglio sfoga le nostre frustrazioni e la voglia spasmodica di arrabbiarci contro qualcuno.

Questo fenomeno di Pokémon Go è sfuggito di mano a tutti: a quei giocatori che dall’altra parte dell’oceano decidono di chiamare i propri figli con il nome di un pokémon, a quelli che colorano il cane come Pikachiu, fino a tutti coloro che non giocano ma che devono criticare e giudicare chi lo fa, addittando l’eccessivo attaccamento al gioco e al cellulare… dall’alto del loro attaccamento al social dal quale sentenziano.

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Paulo Moreira (pagina facebook)

Siamo tutti pervasi dalla stupidità. Ci siamo rincretiniti laddove potevamo evitarlo, non è facile nemmeno spiegare come abbiamo potuto essere tanto scemi.
Il fatto è questo: gli smartphone sono davvero smart, lo sono perché abbiamo permesso loro di prendere tutto ciò che era rimasto di smart in noi. I social, le applicazioni per ogni singola attività quotidiana si faccia, il continuo accesso a una qualsivoglia distrazione, tutto questo ha permesso che dilagasse una pigrizia intellettiva in continuo aumento.

“Pokémon Go” è un gioco come molti altri ce ne sono stati prima: virale, coinvolgente, divertente. Questo ha indotto le persone a stare ancora più attaccato al cellulare? Vero; si parla sempre e solo di questo? Vero, sì (ops, mea culpa); si diventa drogati e scemi? Sì, indubbio. Ma chi non gioca, è messo meglio?

Chi sta palesando questo continuo remare contro, questo inveire, sta davvero impiegando meglio il tempo della propria vita? Il tempo impiegato a commentare, condividere, postare su facebook è speso meglio di chi esce a cercare pokémon in mezzo alla strada?

Il cretino che rischia di farsi investire perché attraversa di tutta fretta una strada senza guardare solo perché sta catturando un mostriciattolo è più cretino di quello che si ferma in mezzo a una strada di passanti per farsi un selfie?

“Pokémon Go” è un gioco molto interessante e lo scrivo da non giocatrice. Induce le persone a guardarsi intorno, sebbene filtrate da uno schermo e sfrutta i luoghi, le piazze e i monumenti circostanti per creare una sorta di interattività. Ha un potenziale come nuovo gioco intelligente, nonostante le sconfinate polemiche. Tuttavia, siamo d’accordo -almeno per una volta-, che gli eccessi non facciano mai bene, qualunque sia il contesto. Qualunque.

Questi polemisti da tastiera, signori “J’Accuse” della nuova realtà virtuale, non danno un buon esempio, qualora sia davvero necessario averne uno. Questa nuova ondata di critiche è il riflesso di una società che non distingue più quale sia la priorità di un’opinione rispetto un’altra, quando sia necessario per il bene comune esprimerne una e aprire un dibattito, quale siano le cose da dire e il modo in cui dirle. Siamo sommersi da stronzate e non riusciamo a venirne a capo, aggrappandoci alla lamentela di turno scambiandola per la problematica adatta su cui concentrarsi ed esprimere un pensiero. E se invece, semplicemente, ritornassimo a pensare?

Leggete, informatevi, condividete diversi punti di vista. Non aggreditevi, non sbraitate, non usate parole di cui non conoscete il senso. E soprattutto: lasciate perdere ciò che non vale la pena giudicare. Non vi interessa un gioco? Non giocateci. Non c’è nulla di male in questo gioco, e se ancora una volta si critica l’eccesso dell’utilizzo, l’invito da porre è: ognuno guardi al proprio operato. Riflettete e fate caso quando e come verbalizzate negativamente qualcosa: da quale pulpito state sentenziando? Non è che per caso ci siete dentro anche voi?

Rilassatevi, pensate a voi stessi, studiate la vostra stessa stupidità perché, in fondo, siamo tutti messi male. Dobbiamo confrontarci con il nostro egocentrismo, la vanità, la presunzione delle nostre parole, la perdita di gentilezza e di senso del rispetto. Non è il caso di perdere tempo dietro ciò che in realtà nemmeno vi tange nel profondo. È fondamentale per tutti noi ricominciare a dare priorità a quello che veramente sentiamo e che abbiamo bisogno di alimentare per noi stessi.

Meno cellulari e meno polemiche dunque: ognuno per la propria strada, ma tutte le strade come possibili incroci. Niente di più, basta, andate a catturare un po’ di pace e di buon senso e giochiamoci tutti insieme, quando ne avrete voglia.

 

Gea Di Bella 

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