Qualsiasi squadra si tifi, è impossibile non rimanere affascinati dall’incredibile trasformazione dell’Atalanta negli ultimi dieci anni. Dopo l’ultima retrocessione in Serie B, nella stagione 2009/2010, la Dea è rinata come una fenice e ha portato avanti un progetto ambizioso e duraturo. Ciò che colpisce di più, al di là dei risultati sul campo, è difatti la solidità di una società in grado di rendere, anno dopo anno, la squadra sempre più competitiva e all’altezza delle nuove sfide. Per raccontare del miracolo dell’Atalanta, però, è obbligatorio partire dall’artefice di tutto ciò: Antonio Percassi.
L’Antonio Percassi giocatore
L’amore di Antonio Percassi per i colori della Dea nasce fin da ragazzino sui campi da calcio. Il suo ruolo preferito era il difensore e giocare in quella posizione gli riusciva così bene da portarlo ad esordire in Serie B ad appena 17 anni. Già da allora, l’Atalanta dimostrava grande attenzione per i talenti cresciuti nelle proprie giovanili. Dopo aver trovato poco spazio durante la stagione 1971/1972, Antonio diventa un pilastro della Dea dopo aver esordito in Serie A nel campionato successivo. La sua carriera, tuttavia, finì prematuramente dopo sette stagioni con i bergamaschi e solo due presenze con il Cesena in Serie B.
La carriera imprenditoriale
Mentre la Serie A 1977/1978 si preparava ad incoronare la Juventus campione d’Italia per la diciottesima volta, Antonio Percassi aveva appena aperto il suo primo store monomarca insieme a Luciano Benetton. Quelle soddisfazioni che il calcio non gli aveva dato, arrivarono dalla carriera imprenditoriale. Degna di nota, infatti, fu l’apertura dei negozi United Colors, Zerododici, Sisley e Playlife in Italia e all’estero. Sull’onda dell’entusiasmo, nel 1998 creò, con il figlio Stefano, la Kiko Milano, dopo aver collaborato alla rete commerciale di brands come Nike, Gucci e Ralph Lauren. Nel 2001, grazie ad un accordo con il presidente del gruppo Inditex, Amancio Ortega, Percassi inaugurò i primi negozi Zara nel nostro paese.
Il presidente della Odissea SRL, holding bergamasca che nel 2019 ha fatturato 9,46 milioni di euro, ha accumulato un bel tesoretto anche con l’altra holding di famiglia, la Stilo Immobiliare Finanziaria. I diversi investimenti immobiliari, infatti, hanno un valore molto vicino ai 500 milioni complessivi. La passione per il calcio e l’Atalanta, però, è sempre rimasta viva nel cuore di Antonio Percassi che, investendo nella società bergamasca, ha contribuito al miracolo sportivo della Dea.
Dalla Serie B alla Champions League
Il ritorno in Serie A e il settore giovanile secondo Antonio Percassi
L’avventura di Percassi alla guida dell’Atalanta iniziò già nel 1990. La retrocessione in Serie B del 1994, però, fu un duro colpo per lui. Rassegnate le dimissioni, il patron della Dea tornò a dedicarsi all’attività imprenditoriale. L’amore per il calcio, però, lo spinse a riprovarci nel 2010. Subentrato ad Alessandro Ruggeri, Percassi riportò i bergamaschi in Serie A dopo aver vinto la Serie B. Uno dei più grandi meriti della presidenza è stata, senza dubbio, la valorizzazione del vivaio, uno dei principali punti di forza della squadra. Il settore giovanile della Dea, infatti, sin dal primo mandato di Percassi, è motivo d’orgoglio a livello nazionale.
Il merito di tutto ciò è di Fermo Favini, responsabile del settore giovanile del Como che scoprì talenti del calibro di Pietro Vierchowod e Gianluca Zambrotta. Chiamato da Percassi a gestire il vivaio bergamasco, Mino accettò l’incarico e lo trasformò in uno dei più interessanti e floridi d’Europa. Non è un caso che, nei 25 anni di Favini a Bergamo, siano sbocciati giocatori come Giacomo Bonaventura, Giampaolo Pazzini, Riccardo Montolivo, Simone Padoin, Rolando Bianchi, Domenico Morfeo, Davide Zappacosta, Manolo Gabbiadini e Daniele Baselli.
Antonio Percassi, il Gewiss Stadium e la UEFA
Nel 2017, Antonio Percassi comprò lo Stadio comunale di Bergamo per 8,6 milioni di euro. La società bergamasca è solo la terza in Italia a possedere uno stadio di proprietà, dopo la Juventus e l’Udinese. Dal luglio 2019, l’Atleti Azzurri d’Italia ha cambiato nome in Gewiss Stadium dopo l’accordo commerciale con l’azienda Gewiss. Nonostante l’esordio dell’impianto in Serie A, l’Atalanta non ha ancora potuto giocare lì alcun incontro di Champions League a causa del mancato via libera della UEFA. Fortunatamente, pochi giorni fa è arrivato il tanto desiderato ok da Nyon che permetterà ai ragazzi di Gasperini di ospitare le partite di Champions a Bergamo.
L’esordio in Champions League e la fase a gironi
L’anno scorso, infatti, i bergamaschi avevano giocato le partite casalinghe al San Siro di Milano. Il cammino europeo dell’Atalanta è stato un incredibile impresa sportiva che ha affascinato ed emozionato tutta l’Europa. Sorteggiata insieme a Manchester City, Shakhtar Donetsk e Dinamo Zagabria, la Dea era pronta al debutto assoluto in Champions League. Il girone d’andata fu disastroso, con tre sconfitte, zero punti in classifica e ben 10 gol subiti, ma i bergamaschi erano determinati a giocarsela fino alla fine.
Il primo match di ritorno fu proprio al San Siro contro i Citizens di Pep Guardiola. L’Atalanta, dopo essere passata in svantaggio per 1 – 0, pareggiò la partita con l’incornata vincente di Pašalić. Sempre a Milano, i bergamaschi schiantarono i croati della Dinamo Zagabria per 2 – 0, con le reti di Muriel e del Papu Gomez. L’unico ostacolo per la qualificazione era lo Shakhtar e l’ultima partita proprio contro di loro. Nello stadio OSK Metalist di Charkiv, la Dea conquistò gli ottavi di finale con una prestazione da urlo. Un tre a zero rifilato ai padroni di casa e vittoria nello scontro diretto. Timothy Castagne, Mario Pašalić e Robin Gosens furono i protagonisti di quell’indimenticabile notte europea.
La magia delle notti europee alla vigilia del lockdown
Il 19 febbraio 2020, mentre in Europa la paura da Coronavirus iniziava a farsi più concreta, l’Atalanta scendeva in campo al San Siro per l’andata degli ottavi di finale. L’avversario era il Valencia, una squadra che sembrava potesse mettere i bergamaschi in seria difficoltà. La Dea, però, diede spettacolo, vincendo 4 a 1 e regalando una prestazione spettacolare ai tifosi accorsi a Milano.
Quasi un mese dopo, il 10 marzo, andava in scena il match di ritorno all’Estadio de Mestalla. Fu una partita rocambolesca che l’Atalanta riuscì a vincere per 4 – 3 trascinata da Josip Iličić, autore di ben 4 gol. Il ritorno trionfale della banda del Gasp in Italia, però, contrastava con la situazione di un paese in piena emergenza e sull’orlo del lockdown nazionale.
La final eight di Lisbona e l’impresa sfiorata
Il 12 agosto 2020, nella splendida cornice dello stadio Da Luz di Lisbona, l’Atalanta affrontava il Paris Saint-Germain per conquistare un posto in semifinale. Il calcio era ripartito da pochi mesi dopo l’estenuante lockdown e i bergamaschi volevano regalare un sogno alla loro città e all’Italia intera. Si preannunciava una sfida totale, Gasperini contro Tuchel, Neymar contro il Papu, Pašalić contro Mbappé, Zapata contro Icardi. La Dea aveva conquistato il terzo posto in Serie A per il secondo anno di fila, mentre il PSG era stato incoronato campione di Francia per la terza stagione consecutiva.
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Il match fu incredibile, con le due squadre che lottarono fino all’ultimo secondo per la semifinale. Al ventiseiesimo del primo tempo, il solito Mario Pašalić sbloccò il risultato con un sinistro a giro imprendibile per Keylor Navas. Il ritorno di Mbappé sul campo da gioco dopo l’infortunio, però, cambiò gli equilibri della sfida. Il talento francese, infatti, diede più velocità e tecnica alla manovra offensiva dei parigini proprio quando l’Atalanta sembrava maggiormente affaticata. Quando sembrava ormai finita, Marquinhos pareggiò all’89’ e, appena 2 minuti più tardi, in pieno recupero, Choupo-Moting diede il colpo di grazia alla Dea. Nonostante la sconfitta, la squadra di Gasperini può e deve essere considerata un’eccellenza italiana che sarà tra le future protagoniste della Serie A e del calcio europeo.
Alessandro Gargiulo