11 giugno 2002 – La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti emana la Risoluzione 269. Con questo testo si riconosce ufficialmente il contributo di Antonio Meucci alla creazione del telefono.
Tuttavia, con una certa ambiguità, si evita di attribuirgli chiaramente la paternità dell’invenzione. Tradotto: vengono riconosciuti i suoi meriti, ma il primato sull’invenzione rimane a Bell, per via del suo brevetto depositato nel 1876.
Però, già a partire dal 1849, Antonio Meucci era a conoscenza della possibilità di trasmettere il suono per via elettrica. Aveva fatto questa scoperta casualmente durante il suo ultimo anno a Cuba. Era giunto all’Avana quindici anni prima, in qualità di ingegnere, macchinista e disegnatore scenico per una compagnia teatrale italiana. Meucci era infatti un genio versatile che si occupava di chimica, ottica, elettricità, meccanica e dimostrava altrettanta abilità nelle arti figurative.
Dai filtri per l’acqua alla conservazione dei cadaveri
Nel 1848 il Gran Teatro dell’Avana, in cui si esibiva la compagnia di Meucci, chiude (temporaneamente) i battenti. Ma l’inventiva del genio italiano rimane sempre all’opera. Grazie alle conoscenze di chimica, Antonio Meucci aveva già creato un particolare filtro per l’acqua e aveva sviluppato un sistema per la conservazione dei corpi defunti. Al contrario del filtro, ideato per il benessere della comunità cubana, il sistema di conservazione era un vero e proprio progetto imprenditoriale, un business che, nonostante le ottime premesse, si rilevò un grande fallimento.
Galvanizzazioni ed elettroterapie
A partire dal 1842, Meucci si interessa anche alla galvanostegia. Questa tecnica permette di ricoprire una superficie metallica con un sottile strato di un metallo più prezioso. Così facendo si evita la corrosione. E per quattro anni si impegna a galvanizzare armi e altri oggetti personali. Solamente negli ultimi due anni cubani, sotto suggerimento di alcuni amici medici, si ritrova a fare degli esperimenti di elettroterapia. Durante uno dei quali scopre casualmente la possibilità di trasmissione della voce tramite l’elettricità.
Il trasferimento a New York
Più tardi, conclusasi la stagione teatrale e motivato a far fruttare il suo ingegno, Antonio Meucci si imbarca con la moglie per l’America. Il 1° maggio del 1850 i due giungono a New York e si stabiliscono a Clifton, un piccolo quartiere nell’isola di Staten Island, dove rimarranno fino alla fine dei loro giorni. Il periodo newyorkese sarà il più prolifico della vita di Meucci.
I brevetti americani
Si contano più di 20 brevetti di cui Antonio Meucci è depositario e titolare. Dalle bevande frizzanti arricchite con vitamine, agli oli per vernici e pitture. Ma anche candele steariche, condimenti in scatola e fogli di giornale resistenti all’acqua. Tutte queste invenzioni si usano ancora oggi, anche se ne ignoriamo l’ascendenza meucciana. Lo stesso dicasi del telefono.
Il primo collegamento telefonico
Nel 1850 i Meucci arrivano a New York. Nel giro di pochi mesi, una grave artrite reumatoide colpisce la moglie Ester, che rimane invalida a vita. Così, per poter comunicare con lei dalla scantina-laboratorio in cui trascorreva gran parte delle sue giornate, Antonio Meucci realizza un primo collegamento telefonico, che perfezionerà negli anni a seguire.
Progetti, brevetti e controversie
Meucci progetta e testa più di 30 telefoni prima di arrivare, tra il 1864 e il 1865, al prototipo ideale.Sfortunatamente la sua situazione economica non gli consente di pagare il deposito del brevetto (che ammontava a 250 dollari). Opta così per un caveat, una sorta di brevetto provvisorio dal rinnovo annuale. Nel giro di tre anni, Meucci non è più in grado di pagare nemmeno la cifra del rinnovo (che era di 10 dollari). Il caveat decade il 28 dicembre 1874.
Due anni prima, Antonio Meucci si era rivolto alla American District Telegraph Co. di New York, in cui lavorava anche Alexander Graham Bell. Meucci chiedeva di sperimentare il telettrofono (questo era il nome che aveva dato alla sua invenzione) nelle linee telegrafiche della compagnia. Inviò alcune descrizioni e vari disegni della sua opera ma, dopo un anno di attesa, non ottenne nessuna concessione. Chiese quindi la restituzione del materiale che aveva spedito, ma (udite udite) gli risposero che lo avevano perso.
Tre anni più tardi, il 17 marzo del 1876, Alexander Bell depositava il brevetto del “telefono elettrico”. L’apparecchio e il suo funzionamento, per come descritti nel brevetto, risultano identici a quelli del progetto meucciano. Ma nonostante le azioni legali intraprese, Antonio Meucci non riuscirà mai nell’impresa di vedersi riconosciuto come inventore del telefono. La sua morte interromperà la disputa legale, che si concluderà in un nulla di fatto.
La tragica sorte del genio
Per più di un secolo Alexander Graham Bell è stato considerato l’inventore del telefono. E, per certi versi, da un punto di vista ufficiale lo è ancora. Perché la Risoluzione 269 del Congresso in fin dei conti cambia poco. Infatti, l’11 giugno del 2002, la Camera dei Rappresentati degli USA riconosceva sì il contributo di Antonio Meucci all’invenzione del telefono, ma non il suo primato su Bell.
Quella del telefono rimane comunque un’invenzione la cui paternità è ancora oggetto di numerose controversie. Come spesso accade nel mondo della scienza, una particolare scoperta, invenzione o la soluzione ad un problema viene trovata pressocché contemporaneamente da individui diversi ed estranei tra loro. Infatti, oltre a Bell e a Meucci, vi sono almeno altre tre persone che vantano il titolo di “inventori del telefono”, pur non possedendone il brevetto.
Tutto ciò non scredita Meucci del suo primato, visto che ad oggi risulta comunque il primo ad aver scoperto la trasmissibilità della voce per via elettrica. Potrebbe essere invece un punto di partenza per rivalutare questo grande uomo e il suo ingegno. Magari, un giorno non troppo lontano, si sentirà qualcuno difendere il versatile genio italiano, affermando con tranquilla convinzione che Antonio Meucci non è soltanto l’inventore del telefono.
Vincenzo Rapisardi