Il sovraffollamento, da sempre un problema endemico nelle carceri italiane, ha superato nei primi sei mesi del 2024 livelli preoccupanti. Gli istituti penitenziari della penisola ospitano 14.000 detenuti in più rispetto ai posti disponibili, con alcuni istituti che superano del 200% le presenze massime. Antigone, associazione per i diritti carcerari, lancia l’allarme.
Sovraffollamento: i numeri degli istituti registrati da Antigone
Il 23 luglio l’associazione Antigone ha pubblicato un dossier che illustra e denuncia la situazione attuale nelle carceri italiane. Il tasso di sovraffollamento complessivo è del 130,4%, rispetto ai posti conteggiati dal Ministero della Giustizia, non sono tutti disponibili. In alcuni istituti il tasso supera il 150%, arrivando a situazioni invivibili con un tasso al 200% come a San Vittore a Milano e a “Canton Mombello” a Brescia.
La situazione, già disumana, diventa ancora più grave nel momento in cui, con l’arrivo dell’estate, si alzano le temperature, rendendo la permanenza nelle celle insostenibile, con pochissime ore d’aria durante la giornata e troppo spesso senza un adeguato sistema di ventilazione. Grazie a 88 visite in diversi istituti, Antigone ha mostrato come in molte celle non siano garantiti nemmeno i 3 metri quadri di spazio previsti per legge per ogni detenuto. Sulla situazione si è immediatamente espresso Patrizio Gonnella, presidente di Antigone
«Questa situazione ormai diffusa non è un elemento trascurabile se si parla di sistema penitenziario. Un carcere dove il numero delle persone detenute è superiore ai posti regolamentari è un carcere dove si vive male, dove non sono garantiti spazi adeguati né accesso alle attività, soprattutto quelle lavorative. Un carcere sovraffollato è un luogo dove anche gli operatori fanno più fatica a lavorare e dove le fragilità dei detenuti non vengono seguite come dovrebbero. In situazioni di grave sovraffollamento, il detenuto diventa sempre più un numero anziché una persona».
I programmi rieducativi e il diritto a una vita dignitosa
La Costituzione italiana sancisce che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». Questo diritto viene meno nel momento in cui il sovraffollamento diviene tale da non garantire condizioni di vita umane all’interno delle carceri. Sovraffollamento significa infatti anche riduzione delle attività, delle ore d’aria, di tutto ciò che permette di rendere il carcere un luogo rieducativo e non solo punitivo e quindi completamente inutile per quello che dovrebbe essere l’obiettivo finale di ogni percorso carcerario: il reinserimento sociale e la riduzione della possibilità di recidiva.
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Come emerso in un intervento di Giovanni Ribuoli, insegnante di italiano nel carcere minorile di Casal Del Marmo, al podcast “Il Mondo”, il sovraffollamento si verifica anche nelle classi delle carceri e non permette così di costruire un ambiente educativo e stimolante. In molti istituti mancano spazi appositi per le lezioni, provocando la concomitanza di attività e svuotando di senso progetti di fondamentale importanza. È infatti dimostrato che all’interno delle carceri dove c’è una maggiore tutela dell’individuo, dove c’è un’attenzione ad attività create per garantire un reinserimento del detenuto nella società una volta finito di scontare la pena, il tasso di recidiva è estremamente più basso rispetto a situazioni in cui il detenuto è dimenticato, abbandonato a se stesso.
La disumanizzazione del detenuto è evidente quando non vengono garantiti i diritti base per una sopravvivenza dignitosa. Una madre ha segnalato ad Antigone
«Oggi mio figlio mi ha chiamato e mi ha detto che stanno tenendo i detenuti chiusi nelle celle quasi 24 ore su 24. Con 50 gradi e senza ventilatori, stanotte mio figlio (che soffre di asma) si è sentito male e nessuno gli ha aperto. La situazione è al limite, bisogna fare qualcosa».
Istituti penitenziari minorili: il sovraffollamento non risparmia nemmeno gli IPM
Per la prima volta anche gli istituti penitenziari giovanili risultano sovraffollati. A metà giugno, i detenuti negli IPM erano 555 contro i 514 posti disponibili, con 7 istituti su 17 (il Beccaria di Milano e gli istituti di Bologna, Firenze, Potenza, Pontremoli, Torino e Treviso) che vedono un numero di presenze maggiore rispetto ai posti effettivi. La situazione negli IPM è resa ancora più complessa dal Decreto Caivano, che ha disposto la custodia cautelare per i minorenni anche per reati lievi e il trasferimento negli istituti per adulti al compimento dei diciotto anni, interrompendo qualsiasi percorso rieducativo.
Le responsabilità del governo e l’emendamento per riaprire i manicomi criminali
Antigone invoca un intervento immediato e significativo per risolvere la situazione insostenibile. Le misure del DL carceri, in discussione al Senato per la conversione in legge, sono state infatti giudicate dall’associazione estremamente insufficienti. Si teme inoltre che l’approvazione del nuovo DDL sicurezza possa aggravare ulteriormente la condizione delle carceri, stigmatizzando le marginalità e impedendo qualsiasi tipo di protesta dei detenuti.
Durante la presentazione del dossier sul DL carceri, è stato ricordato come un emendamento proponga la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, istituti aboliti negli anni ’70 dopo battaglie civili e politiche, nella forma delle REMS Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza di primo livello, destinate ai detenuti con problemi psichiatrici gravi e gestite da personale penitenziario. Antigone ha denunciato questo emendamento, considerandolo un enorme passo indietro per i diritti umani e dei carcerati, dato che colpisce una categoria estremamente vulnerabile che necessiterebbe di ulteriori tutele.
Suicidi tra i detenuti: la costante tragedia delle carceri italiane
Dall’inizio dell’anno, 58 persone si sono tolte la vita in carcere, 10 solo nel mese di luglio. Se il trend dovesse continuare, nel 2024 si supererebbero gli 85 suicidi del tragico 2022. Inoltre, ogni 100 detenuti, 17,4 praticano atti di autolesionismo.
Tutti questi sono chiari campanelli di allarme di una situazione disumana ed esplosiva. In uno Stato di diritto, una tale condizione non può essere ammissibile. Il carcere dovrebbe essere un luogo rieducativo, dove chi ha commesso un reato, dal più lieve al più grave, possa reinserirsi in società senza rischio di recidiva. Se il carcere non adempisse a tale obiettivo, perderebbe di senso l’intero sistema detentivo, diventando controproducente per la società stessa. Le carceri non possono diventare il deposito di una parte di umanità ritenuta scomoda da chi sta fuori, ma devono garantire un’esistenza dignitosa e la possibilità di riappropriarsi della propria vita una volta scontata la pena.