Antigone, i rischi di una lettura rivisitata. La rivincita di re Creonte

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La storia ormai la sappiamo bene. Racconta di come Antigone decida di dar sepoltura al cadavere del fratello – nonché traditore della patria – Polinice, contro la volontà di re Creonte. Scoperta da quest’ultimo, viene condannata a passare il resto dei suoi giorni in una grotta. Solo alla fine re Creonte si deciderà a perdonare e liberarla: ma ormai è troppo tardi. Antigone si è suicidata per liberarsi del castigo impostole da Creonte.

Ora, la vicenda di Antigone è stata riletta e rivisitata in più di duemila anni di storia e letteratura. E il punto di riferimento in ogni versione sembra essere l’opposizione di Antigone a un potere tirannico, quindi l’esaltazione del suo gesto. Ma la divisione così netta del personaggio positivo da quello negativo fa venir meno il conflitto tragico. La posizione di Sofocle, infatti, è molto più sfumata di così. Non dobbiamo dimenticare che la tragedia presuppone prima di tutto un conflitto tragico: non una guerra tra bene e male. Entrambe le parti devono avere ragioni da far valere. L’Antigone, infatti, ha due protagonisti: Antigone e Creonte, un personaggio molto più articolato di come ci è stato venduto. Ed entrambe le parti sembrano avere motivazioni di tutto rispetto.

Antigone, eroina dei dissidenti politici

Come un po’ tutti i personaggi di Sofocle, anche Antigone è isolata, ostinata, intransigente. È anche caparbia, orgogliosa, e va avanti per la sua strada. Non scende a patti con nessuno, non comunica e non riconosce altre esigenze o prospettive fuori dalle proprie. Insomma, è al servizio di un’unica idea, e quella porta avanti per tutta la vicenda.

È proprio per via di questo suo carattere di donna forte e orgogliosa che in tempi moderni è stata elevata allo status di eroina. A partire da Lauro De Bosis, l’antifascista che ne faceva un simbolo di fiera opposizione al totalitarismo, le riletture in questa chiave sono state sempre più numerose. Degne di nota sono sicuramente la versione di Walter Hasenclever, quella di Brecht e quella di Salvador Espriu del 1955. Tutte, naturalmente, rivolte contro i rispettivi regimi oppressivi.

Il significato storico di una simile scelta letteraria è indubbio. Il valore che poteva avere un’opera del genere nell’epoca in cui è stata scritta è assoluto, e va rispettato. I vari autori mettevano in guardia contro i soprusi di un’autorità ingiusta, rappresentando Antigone in maniera assolutamente positiva e Creonte come rappresentante del male.

Ma questo non ci deve far dimenticare, né deve sopprimere quello che a suo tempo intendeva rappresentare Sofocle. Il discorso è che nel testo originale Antigone non si oppone a una politica assurda. È d’altronde solo in questo modo che diviene possibile il conflitto tragico. E quindi, la tragedia.

Il programma politico di re Creonte

Quello proposto da Creonte è un programma politico di tutto rispetto. Il suo unico obiettivo, dice nel discorso con cui sale al potere, è rispettare e far rispettare le leggi della comunità. E cioè, tutelarne l’interesse. Ma non solo: afferma che non si farà influenzare dagli interessi privati, poiché se lo facesse potrebbe danneggiare il bene del popolo. Insomma, una dichiarazione di quelle che ci piacerebbe tanto sentire e vedere attuate oggi.

Ora, non dobbiamo dimenticare che Antigone e Creonte erano imparentati. Se lui facesse seppellire Polinice – che ha commesso fratricidio e tradito la patria – metterebbe la famiglia davanti agli interessi della comunità. E non può permetterselo, perché è un politico. Il suo dovere si rivolge prima di tutto al popolo che governa. Il che significa anche fare un certo tipo di sacrifici.

Ecco il mio principio: nessun vantaggio di favore. […] Io non ho fiducia in chi, chiunque sia, dà maggior peso ai suoi che alla sua stessa patria.

Creonte è difensore di una giustizia umana: quello che conta per lui è la città. Ed è per questo che chi è morto per il bene comune, deve ricevere un trattamento diverso da chi ha perso la vita cercando di distruggere la patria per la conquista del potere. ‘’I morti’’, scrive Sofocle, ‘’hanno peso politico’’. Creonte sta insomma facendo in modo di condividere gli stessi valori e gli stessi principi della città che ha compito di proteggere, poiché è solo rispettando le leggi che regolano la vita comune che si può sopravvivere.




Il valore del conflitto tragico

Il conflitto tragico esiste solamente nel momento in cui entrambe le parti hanno valide ragioni. Altrimenti non parleremmo di conflitto. Schiller, addirittura, diceva che non potremmo parlare di arte, ‘’quella vera’’. In ogni caso una distinzione esatta tra bene e male non può essere origine di nessun grande racconto, stando ai canoni della tragedia antica: e l’Antigone è uno degli esempi più eclatanti.

Ma allora quali sono le parti del conflitto nell’Antigone? Hegel parlava di conflitto Stato-famiglia, che senza dubbio è alla base di tutta la vicenda. Ma ricondurre la tragedia a un solo contrasto sarebbe riduttivo. C’è il conflitto tra vecchio e giovane, c’è quello tra uomo e donna – da cui l’esaltazione di Antigone a eroina delle femministe. In ogni caso, Antigone è il personaggio che non ha avuto nessuna esitazione. Per lei la giustizia umana è relativa, convenzionale, e lei risponde solo delle leggi divine.

Il problema diventa allora cosa farà Creonte. E Creonte, nella seconda parte della tragedia, finisce col degenerare. Diventa un tiranno sempre più violento, più chiuso, più dogmatico, più rigido. E tutto per paura che concedere ad Antigone quello che vuole faccia degenerare la città nell’anarchia. Ma alla fine, si ritrova con il deserto intorno. Antigone, il figlio e la moglie si sono suicidati.

E la vera sfida dell’Antigone è proprio questa: come regolarsi con chi si appella a valori più alti? Eppure Antigone non risolve il problema, perché la tragedia finisce con due morti. L’unica soluzione sembra essere, allora, fare un passo indietro: mantenere vivo il conflitto.

Noemi Eva Maria Filoni

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