Antibiotico resistenza: report Efsa lancia allarme

Di Mirko Busto

 

L’ultimo rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare evidenzia che quantità maggiore di infezioni a trasmissione alimentare hanno sviluppato alti livelli di resistenza ai farmaci. Succede in tutta Europa, ma nel nostro Paese più che altrove.

Secondo l’ultimo rapporto annuale pubblicato mercoledì 22 febbraio, dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie si tratta della più grave minaccia per la salute delle persone e degli animali.

La resistenza dei batteri agli antibiotici (Amr) rappresenta un problema complesso, che già oggi riguarda vari tipi di microbi e di trasmissione (da uomo ad uomo, da animale ad uomo, ambientale, tramite alimenti, eccetera) e che è causa, ogni anno, di oltre 25mila decessi solo nell’Unione Europea.

Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità si tratta di una vera e propria emergenza sanitaria globale su cui si deve intervenire immediatamente con misure efficaci e incisive. Per esempio sarebbe fondamentale ridurre da subito l’uso di antibiotici, sia in ambito sanitario che, soprattutto, nella produzione alimentare. Questa resistenza si sviluppa, infatti, soprattutto in batteri che sono venuti a contatto con dosi massicce di antibiotici e che hanno conseguentemente attivato meccanismi di difesa. Ed è proprio negli allevamenti intensivi che vengono utilizzati il maggior numero di farmaci.

Nel nostro Paese, ad oggi, oltre il 70 per cento degli antibiotici venduti finisce negli allevamenti intensivi per fronteggiare malattie e infezioni che colpiscono gli animali. Secondo i dati aggregati in un report dalle agenzie europee Efsa, Ema e Ecdc (2015) l’Italia consuma annualmente 621,6 tonnellate: questo significa che 435,12 tonnellate sono destinate agli allevamenti. Una cifra che ci piazza di poco secondi a Germania e Spagna per utilizzo di antibiotici negli allevamenti, ma che ci consegna il triste primato negativo assoluto per quanto riguarda l’utilizzo in relazione alla produzione: 341 mg di antibiotici utilizzati per ogni chilo di carne prodotta, contro Francia e Germania ferme rispettivamente a 99 mg e 205 mg, e una media europea di 140 mg. Meno della metà rispetto al nostro dato.

Il motivo è presto detto. A causa delle pessime condizioni igieniche e sanitarie degli allevamenti intensivi, del sovraffollamento dei luoghi, delle escoriazioni e delle infezioni dilaganti tra il bestiame e dell’aumentando del livello di stress che si traduce in un calo delle difese immunitarie, gli animali allevati non possono essere esenti da dosi sempre più massicce di antibiotici.

Denuncio da tempo tutto questo e proprio in questi mesi sto lavorando a una proposte di legge sugli allevamenti intensivi e sulle condizioni in cui troppi animali sono costretti a vivere. Ma questo governo, totalmente indifferente della salute dei cittadini e del benessere animale, nonché completamente sordo persino all’allarme dell’Efsa e dell’Oms, non sembra voler prendere nessun provvedimento. Anzi, per non scontentare lobby della carne e allevatori, pare proprio intenzionato a continuare a adoperarsi nello sponsorizzare una dieta alimentare che nulla ha a che fare con la scienza, la medicina, il buon senso.

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