Mardy Fish,è stato uno dei primi sportivi al mondo a parlare dei propri problemi legati all’ansia da prestazione e alla depressione. La sua storia personale, la sua carriera da campione, il suo coraggio nell’uscire allo scoperto, vengono oggi raccontati nel documentario presentato da Netflix: Untold: Fish e Federer.
Mardy Fish è riuscito a sdoganare l’idea comune per cui gli atleti vengono visti come dei superuomini, forti e invincibili. Non provano paura, non provano dolore, non hanno insicurezze e momenti di sconforto. Il campione di tennis, ottavo al mondo, è stato il primo a scardinare una visione stereotipata presente ancora oggi nel mondo dello sport.
Il 3 settembre del 2012 all’Arthur Ashe Stadium di New York in occasione dei quarti di finale degli Us Open, l’ottavo campione al mondo, Mardy Fish, ha scelto di non scendere in campo.
Troppa l’ansia, troppa la tensione, troppo lo stress che sentiva gravargli addosso come un macigno.
E proprio questo viene raccontato nel documentario attraverso le parole dello stesso campione. Il documentario Netflix ripercorre la vita di Fish, dall’adolescenza alla sua ascesa tra i più importanti campi da tennis del mondo. Fish si costruisce da solo, un passo alla volta, un traguardo alla volta. Fondamentale lungo il suo percorso è la presenza di un mental coah che lo aiuta a mantenere la calma e la stabilità mentale.
Ma questo non basta.
La pressione è talmente tanta da spingerlo a non entrare in campo nel 2012 contro Federer. È il gesto disperato di un campione che è pur sempre umano, di un campione che chiede aiuto per uscire da una spirale che non può far altro che trascinarti giù, verso l’abisso.
Ed è proprio così, chiedendo aiuto, che si mostra forte.
Questo è stato il primo importante contributo nella demolizione di un tabù che, tuttavia, ancora oggi persiste.
Oggi Mardy Fish continua la sua carriera nel mondo del tennis. E’ un allenatore e combatte ogni giorno la sua battaglia contro l’ansia e la depressione.
Uniti contro il tabù: Naomi Osaka e Simone Biles
Naomi Osaka, tennista numero due al mondo, ha temporaneamente abbandonato le scene, ritirandosi dai vari tornei del 2021, Roland Garros e Us Open. Come Fish, la campionessa non riusciva più a reggere il peso dell’ansia. Dopo la gara d’esordio al Roland Garros, la Osaka aveva dichiarato di non voler partecipare alla conferenza stampa. Un gesto forte di rivolta per la mancata considerazione sulla salute mentale dei giocatori da parte dei media, come ha spiegato in seguito la stessa campionessa. Gesto di rivolta che le è costato una multa di ben 15 000 dollari. Decisione che ha attirato molte critiche. Lo stesso Nadal ha dichiarato di voler rispettare la scelta della Osaka sottolineando che, tuttavia, è grazie al lavoro dei media se gli atleti hanno la possibilità di avere visibilità e successo.
Altra campionessa che ha scelto di ritirarsi dalle scene per occuparsi della propria salute mentale è Simone Biles, 24enne ginnasta statunitense, che, durante le Olimpiadi di Tokyo 2021, ha scelto di ritirarsi dalla finale a squadre di ginnastica artistica. Comportamento che, ancora una volta, non ha potuto non suscitare critiche. La Biles ha parlato apertamente dei suoi problemi di ansia, prendendo come modello la giapponese Naomi Osaka e rompendo ancora una volta questo tabù.
Come Mardy Fish ha portato alla luce il problema dell’ansia da prestazione, allo stesso modo queste giovani atlete hanno cercato, con il loro contributo, di non tacere su un argomento così importante.
Atleta non è sinonimo di invincibile. Dietro una apparente felicità spesso c’è molto altro. E questo gli sportivi lo sanno.
Ci vuole forza e determinazione per raggiungere i propri obiettivi, ma ci vuole soprattutto coraggio per vincere le proprie paure e i propri limiti andando contro gli stereotipi che non permettono di vivere con serenità.
Irene Amenta