Anna Magnani è stata l’attrice che più in assoluto ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema. Un’artista che si è fatta amare dal suo pubblico per la sua personalità, la sua sfrontatezza, la sua veracità. I suoi atteggiamenti un po’ folli e schizzati, il suo carattere dirompente e aggressivo, le sue fragilità l’hanno sempre resa ai nostri occhi una persona fatta di carne, vicina a noi, la rendevano Nannarella. Forse questo è stato il segreto della Magnani che le ha permesso di sopravvivere al tanto odiato e temuto scorrere del tempo. Oltre, ovviamente all’incredibile e raro talento che da sempre l’ha contraddistinta. La Magnani è stata una delle poche, se non l’unica (a mio parere), attrice che rendeva reale e vero ogni personaggio che interpretava. La sua capacità d’immedesimarsi era completa. Disperatamente tragica e sfrenatamente comica, era un’attrice al limite che tuttavia permetteva ai suoi personaggi di emergere e di prendere vita. Un’artista capace di emozionarsi ed emozionare. Sempre. Forse è questo che la distingueva dalle grandi dive dell’epoca. Così distaccate, irraggiungibili in quanto esseri perfetti. Lei era viva, viveva di emozioni e le mostrava al suo pubblico con verità. E non è un caso se le sue interpretazioni sono ancora impresse così saldamente nella nostra memoria.
Nel 1953, in un’intervista radiofonica in occasione della prima newyorchese di “Bellissima”, meraviglioso capolavoro di Luchino Visconti, Anna Magnani parlava così:
“Se si può dire che New York è una città per Anna Magnani? Oddio, unire due cose così violente insieme non so cosa succederebbe!”.
Possiamo solo aspettare il 18 maggio e vedere cosa effettivamente ci riserverà questa folle unione. Fino al 1 giugno, infatti, presso il Film Society of Lincoln Center si svolgerà “La Magnani”, una retrospettiva del mito e dell’incredibile carriera di una delle attrici più importanti della storia del cinema italiano.
La serie è organizzata da Florence Almozini, Dan Sullivan, Camilla Cormanni e Paola Ruggiero. Co-prodotta da Luce Cinecittà a Roma, è presentata in associazione con il Ministero della Cultura italiana.
Verranno mostrati 24 “monumenti” della storia del cinema che hanno visto come protagonista questa intramontabile icona, 24 film che hanno reso Anna Magnani La Magnani. Le pellicole verranno tutte proiettate interamente in 35mm e 16mm. Attraverso veri e propri capolavori come “Roma Città Aperta” di Rossellini, “Bellissima” di Visconti, “Mamma Roma” di Pasolini, ma anche “Vulcano” di Dieterle, “Pelle di Serpente” di Lumet, “La rosa tatuata” di Daniel Mann, film che le valse il Premio Oscar, il primo mai dato ad un’attrice italiana, viene evidenziata l’illustre carriera cinematografica dell’attrice. Vengono mostrate anche delle vere e proprie perle rare, le interpretazioni di una Anna giovane che muove i primi passi nel mondo dello spettacolo, un’attrice per alcuni versi ancora acerba ma che già mostrava quelle che erano le sue grandissime potenzialità. Film come “Full Speed” di Mario Mottoli, “La Vita è Bella” di Carlo Ludovico Bragaglia in cui non interpretava i ruoli a cui poi sarebbe stata da lì a breve destinata della protagonista ma che già facevano intuire che quella Anna in realtà non era una semplice soubrette ma una stella nascente. Questo percorso visivo di ciò che è stata la carriera della Magnani terminerà con i suoi ultimi lavori nel campo televisivo con lo storico dramma “1870” di Alfredo Giannetti e nel campo cinematografico con “Roma” di Federico Fellini. Questa sarà l’ultima apparizione di Anna Magnani sul grande schermo.
In una Roma deserta, di notte, Anna si incammina verso un portone. La sua camminata è veloce, frettolosa ma fiera, un po’ altezzosa. È come se rappresentasse lo spirito della città, come se incarnasse Roma. Fuori campo, la voce di Fellini le chiede se desidera dire qualcosa sulla sua amata Roma. La Magnani si volta verso la macchina da presa e fa ciò che ce l’ha fatta da sempre amare: una fragorosa risata, piena, sguaiata, vera. E così facendo, sbatte il portone del suo palazzo. Non la rivedremo più.
Giulia Simeone