<<Quello che ho sempre voluto per me stessa è molto più primitivo. Probabilmente non è niente di più dell’affetto delle persone con cui sono in contatto e la loro buona opinione di me >>
Lo diceva Anna Freud, figlia del grande Sigmund, considerata oggi la maestra della psicanalisi infantile. Queste parole sono state appunto la dimostrazione della mancanza di affetto materno e della solitudine, con cui visse gran parte della sua esistenza.
La vita di Anna e la sua psicanalisi infantile
Anna Freud nasce a Vienna nel 1895 e riceve il diploma magistrale presso il Cottage Lyceum della stessa città. Decide di andare a Londra da sola per migliorare il suo inglese ma, poco tempo dopo, scoppia la Prima guerra mondiale ed è costretta a ritornare in Austria dal padre. La sua passione per la psicanalisi nasce nel 1918, quando suo padre la psicanalizza. Così, dopo aver insegnato per un breve periodo nella stessa scuola in cui si è diplomata, decide di seguire le orme paterne e si dedica totalmente alla psicanalisi.
Nel 1922, viene accettata nella Società Psicoanalitica di Vienna e, l’anno seguente, inizia a lavorare con i bambini approfondendo la psicanalisi infantile. Così, nel 1927, pubblica il suo primo libro “Introduzione alla tecnica della psicanalisi infantile“.
Anna non si sposa mai e si occupa lei totalmente della salute del padre a cui, nel 1923, è stato diagnosticato un cancro alla mascella.
Tra il 1927 e il 1934, Anna diventa Segretario Generale della Società Psicanalitica Internazionale e, qualche anno dopo, è direttore dell’Istituto di Formazione Psicoanalitica di Vienna che la porta a scrivere, nel 1936, il suo libro più importante “L’io e i meccanismi di difesa”.
Nel 1937 conosce Dorothy Burlington, con cui stringe un profondo legame di amicizia e con cui diventa dirigente di un asilo per i bambini poveri di Vienna. Pochi mesi dopo l’apertura di questo nuovo ente, arrivano però a Vienna i nazisti e la famiglia Freud, ebrea, è costretta a trasferirsi a Londra per fuggire dalle persecuzioni.
Dopo la morte di Sigmund, che avviene nel 1939, Anna istituisce gli Asili di Guerra di Hampston che ospitano 80 bambini.
Negli anni 50, compie invece un lunghissimo viaggio negli Stati Uniti per portare lì le sue metodologie in merito alla psicanalisi infantile.
Anna non si è mai laureata, ma ha ricevuto moltissime lauree ad honoris che l’hanno resa ancora più celebre di quanto già lo fosse.
Muore, all’età di 86 anni, nel 1982 e la sua casa è ora stata denominata Museo Freud, in suo onore e in onore del padre Sigmund.
L’importanza del disegno
Secondo le teorie di Anna Freud, la principale causa del ritardo dello sviluppo psichico e fisico dei bambini è la mancanza di una relazione stabile tra mamma e bambino. Per questo, introduce un nuovo metodo per valutare lo sviluppo psicofisico infantile.
Anna mette in risalto l’importanza dell’Io, che era stato trascurato dal padre favorendo l’inconscio, e approfondisce i meccanismi di difesa. Evidenzia infatti come nei bambini questi meccanismi possano portare ad eventuali disagi che altrimenti passerebbero inosservati.
Il padre Sigmund aveva studiato gli stadi dello sviluppo infantile, ma in realtà in relazione alla vita adulta. Si era infatti focalizzato su come quello che il soggetto vive durante l’infanzia porti a determinare la sua vita futura. La figlia cerca invece metodi per entrare in contatto con i bambini senza l’utilizzo delle parole; attraverso il disegno, riesce infatti a raggiungere il loro inconscio.
Il disegno diventa per Anna il più importante mezzo di comunicazione che il bambino ha a disposizione; afferma infatti che alcune capacità, come l’uso dei colori o le proporzioni tra figure, derivano direttamente dal loro inconscio.
Da questa conclusione, inizia a porre le basi per l’analisi del disegno infantile, che è ancora oggi utilizzato sia negli asili sia nelle scuole elementari.
Il loro posto nel mondo
Anna Freud ha per questo dato un contributo enorme agli studi sullo sviluppo infantile e sulla psiche dei bambini, spesso definita misteriosa ed inarrivabile. A tal proposito, diceva:
<<Quando i sentimenti dei genitori sono inefficaci o troppo ambivalenti o quando le emozioni della madre sono temporaneamente impegnate altrove, i bambini si sentono persi>>.
Se i bambini non hanno un posto nel cuore dei genitori, dunque, non hanno nemmeno un posto nel mondo. E i bambini lo meritano.
Meritano di avere un posto nel mondo, che li accolga e li faccia sentire protetti.
Stefania Meneghella