Sono circa 15.000 le specie di animali predati dall’uomo e lo scopo principale non è alimentare. Lo afferma un nuovo modello preda-predatore che descrive il cacciatore umano del XXI secolo.
Se in passato cacciavamo soprattutto per mangiare, oggi catturiamo gli animali, in particolare i vertebrati, anche con altri obiettivi, non necessariamente legati all’aspetto alimentare. Infatti, secondo gli esperti siamo ormai diventati un predatore anomalo con gli occhi puntati su 14.600 specie considerate di interesse per la medicina, la sperimentazione in laboratorio, il commercio e il settore alimentare. Dai leoni agli squali, gli animali predati dall’uomo sono dunque centinaia e si distribuiscono lungo tutta la linea evolutiva.
Lo studio
Pubblicato su Communications Biology, ha analizzato i dati della IUCN sull’uso e consumo di circa 47.000 specie di vertebrati da parte dell’uomo. L’ obiettivo principale è stato determinare il grado di minaccia relativamente alla predazione umana e, inoltre, comprendere quali fossero i settori di maggiore impiego degli animali.
Sebbene, in genere, la predazione faccia riferimento solo all’uccisione di un essere vivente per ricavare una fonte di sostentamento, il team l’ha ridefinita come “qualsiasi uso che rimuove individui da popolazioni selvatiche, in modo letale o meno, attraverso processi che vanno dalla sussistenza locale alla raccolta e al commercio commerciale globale”.
I risultati
Stando ai dati, l’uomo preda un numero di specie, circa 15.000, tassonomicamente superiore da 5 a 300 volte quello medio degli altri predatori. In particolare l’impatto dell’uomo è maggiore negli oceani, dai quali preleva il 43% delle specie marine esaminate, seguiti poi dagli ambienti di acqua dolce (35%), e terrestri (26%). Inoltre, sempre a causa dell’uomo, rischia l’estinzione il 39% delle specie già inserite nella Lista Rossa della IUCN.
Sul piano tassonomico, il gruppo maggiormente colpito è quello degli uccelli, nel quale il team ha constatato l’utilizzo del 46% delle specie, destinate soprattutto al commercio. Non migliore la situazione per i pesci con pinne raggiate, il secondo gruppo più interessato, il cui utilizzo è però legato alla filiera alimentare.
La distribuzione geografica
Lo studio ha documentato anche una distribuzione sensibilmente diversificata dell’uso dei vertebrati. In particolare, il fenomeno si intensifica nelle aree del sud-est asiatico e delle regioni equatoriali, mentre in Nord America ed in Eurasia centrale è sensibilmente meno intenso.
L’uso del cibo non è stato un uso così importante come ci aspettavamo.
Lo afferma il coautore della ricerca, Rob Cooke, sorpreso di questo stravolgimento rispetto a quanto si verificasse in passato. Fa eccezione al cambiamento la grande categoria dei pesci, sia marini sia d’acqua dolce, nella quale ancora domina lo sfruttamento per uso alimentare. Invece, il 74% delle specie terrestri viene catturata per farne degli animali domestici, contro il 39% destinato al mercato alimentare.
Impieghi diversi degli animali predati dall’uomo
I dati IUCN identificano 18 categorie relative alla predazione dei vertebrati da parte dell’uomo, tra le quali si ricordano:
- cibo;
- animali domestici (da compagnia o tenuti in cattività);
- caccia sportiva;
- sperimentazione;
- medicina;
- mangimi.
Delle varie aree di impiego, sorprende la percentuale di vertebrati venduti come animali domestici, un bisogno non etico e soprattutto non primario per l’uomo.
Una selezione non casuale
L’uomo è un predatore particolarmente selettivo, poiché, a seconda del motivo per cui adopera un animale piuttosto che un altro, sceglie quale specie predare. Tale modus operandi deve però essere necessariamente monitorato, affinché si limitino, per quanto possibile, gli squilibri nell’ecosistema. Infatti, ogni specie svolge un ruolo ecologico specifico e determinante nel suo ecosistema, dunque, la probabilità di provocare danni irreversibili è molto alta.
Una nicchia predatoria incredibilmente ampia
Osservando la questione da una prospettiva evolutiva, si evidenzierebbe subito una forte associazione tra il consumo di carne e lo sviluppo cognitivo dell’uomo. In particolare, la nostra capacità di costruire strumenti sofisticati ci rende gli unici predatori a non avere reali concorrenti in natura, poiché siamo capaci di costruire e adoperare una tecnologia altamente specializzata e complessa.
Inoltre, abbiamo inventato mezzi di trasporto per poter agire su ogni tipo di superficie, indipendentemente dall’essere “organismi terrestri”. Ad oggi, dunque, l’uomo ha una nicchia predatoria unica per dimensioni e peraltro senza paragoni con il passato.
Ci piacciono le cose
Sebbene gli animali predati dall’uomo rappresentino una percentuale relativamente bassa, la varietà di specie minacciate potrebbe contribuire indirettamente alla continua perdita di biodiversità cui stiamo assistendo. Infatti, se non si interviene subito, è probabile che, una volta estinte le specie di interesse, l’uomo focalizzerà l’attenzione su altre, magari simili, instaurando un circolo vizioso di progressive estinzioni.
La questione primaria della nostra epoca è la vulnerabilità del nostro pianeta.
Dunque siamo diventati dei predatori senza regole che conquistano terreno in una lotta ad armi impari, ma non ce ne preoccupiamo. In passato abbiamo imparato a cacciare per sopravvivere ed ora lo facciamo per divertimento. Circa 10.000 anni fa i nostri antenati hanno iniziato un lungo processo di domesticazione di flora e fauna, eppure siamo sempre più bramosi di possedere gli animali selvatici.
Mangiarli forse non è più la nostra priorità, però continuiamo a sfruttare gli animali per i motivi più svariati, troppo impegnati a soddisfare quello che egoisticamente chiamiamo bisogno, senza curarci delle conseguenze per il Pianeta.
E mentre vinciamo le battaglie, illusi e carnefici, non ci rendiamo conto che un giorno diventeremo vittime e perderemo questa folle guerra.