È ufficiale: Pechino rende noto un passaggio culturale di notevole importanza.
Le voci correvano già da febbraio, a seguito del divieto sul commercio e consumo di animali selvatici; l’emergenza Coronavirus non ha che alimentato successive preoccupazioni sul piano alimentare.
In realtà, oggi come oggi e a dispetto degli stereotipi, solo una minoranza cinese considerava cani e gatti come animali commestibili; la principale preoccupazione derivava da alcune scusanti tradizionali, le quali non hanno facilitato l’abrogazione dell’usanza: l’associazione americana Humane Society International ha certificato circa 10 milioni di cani uccisi; migliaia di questi vengono macellati durante la festa della carne di cane, presso Yulin – in condizioni, secondo le fonti, piuttosto drastiche.
Shenzhen è stata la prima città cinese a mettere al bando il commercio della suddetta carne (cani e gatti); tuttavia, ci troviamo di fronte ad un cambiamento culturale decisamente influente, motivo per cui resta in fase di “consultazione aperta” la proposta di legge. La concezione di “animale da compagnia” è ormai dilagata su piani internazionali e, di fatto, muta nell’attuale ideologia contemporanea. Il testo informativo recita:
Per quanto riguarda i cani, insieme al progresso della civiltà umana, alla preoccupazione pubblica e all’amore per la protezione degli animali, sono stati specializzati per diventare animali da compagnia e, a livello internazionale, non sono considerati bestiame e non saranno regolati come tali in Cina
Inviterei il lettore a riflettere sul termine “specializzati“; non è un caso.
Certamente l’umanità ha ancora molta strada da fare e, di fatto, un tale progressismo si scontra con numerose tradizioni e culture; quest’ultime, determinano un preciso stile di vita, difficile da comprendere per chi non l’ha vissuto. Pensiamo ad esempio al Perù, che fino a pochi giorni fa bruciava pipistrelli vivi per timore di incombere nel Covid-19. È un esempio calzante, in quanto, psicologicamente parlando, si attribuisce una colpa all’esistenza dell’animale piuttosto che alla scelta di nutrirsene. Agghiacciante, ma contempla una spiegazione precisa.
Alcune volte, invece, il concetto può essere tanto banale quanto ignorato e viene preso sotto gamba; sapevate, ad esempio, che in Italia non vi è alcuna legge che escluda cani e gatti dagli animali commestibili? Il nostro Paese agisce solo attraverso alcune sanzioni riguardanti «l’uccisione degli animali da compagnia per scopo alimentare».
La motivazione? È solo una questione di concetto; è la nostra cultura a “certificare” cani e gatti come “animali da compagnia”, com’è tale per altri paesi; sono le radici storiche a fare la differenza, motivo per cui tale concetto è giunto fino ad oggi. Non sentiamo il bisogno di sottoscriverlo in termini di legge.
In realtà, tra un cane e una mucca non ci sono differenze, se non di natura biologica. Tuttavia, mentre per la Cina – soprattutto qualche decennio fa – si trattava di un regolare alimento, per noi è un sopruso.
Provate a chiedere carne di coniglio agli anglosassoni, in un supermercato; anzi: andate a Siena e chiedete carne di cavallo.
A volte, è fondamentale sapere dove e quando porre certe domande.
Eugenio Bianco