Andrea De Paoli: la sintesi sonora e il suono digitale al FIM

Quando si parla di musica e sintesi musicale in Italia si parla anche di Andrea De Paoli.

Nato a Savona, ma cassanese di adozione, Andrea parla perfettamente tutte le molteplici lingue della grammatica musicale: è infatti compositore, tastierista, scrittore, produttore musicale e tecnico del suono.

Gli appassionati del progressive e del metal lo conoscono soprattutto per la militanza con i Labyrinth, Vision Divine, Maze of Heaven e per il progetto musicale di progressive Space Rock dal nome Chaos Venture.

Tra le sue numerose collaborazioni si possono annoverare nomi come: Iron Maiden, Dream Theater, Black Sabbath, Deep Purple, Halloween e persino i nostrani Delirium.

Non è quindi un caso dunque che Andrea De Paoli sia uno degli ospiti più attesi per la seconda e ultima giornata di Fim; salone della formazione e dell’innovazione musicale. In quest’occasione il compositore è stato protagonista nella duplice veste di Musicista, assieme al percussionista Tony Liotta e insegnante, con una clinic dedicata alla storia della musica elettronica e i sintetizzatori.

Andrea De Paoli e Tony Lotta; due personalità trasversali, sotto il segno del ritmo?

Si due anime che s’incontrano fondamentalmente. La nostra storia è abbastanza originale perché risale al 2005. Io e altri musicisti italiani siamo stati chiamati a registrare alcune canzoni rivolte ai prodotti AKG. Il caso volle che lo studio fosse in Germania e proprio nella scuola di Tony. Sapevo che lui era un musicista fusion, quindi molto lontano dal mio stile, anche se quelle sonorità mi hanno sempre colpito. Io gli spiegai che avevo un modo di esprimermi musicalmente molto diverso dal suo, ma lui mi smontò subito con poche parole e un simpatico accento italo-americano: “Non mi rompere i c…..tu devi essere africano dentro!”

De PaoliIl feeling è stato immediato e siamo riusciti a progetti molto diversi fra loro, passando dal pop al funky, al rock, lavorando ai nostri mondi paralleli.

La tua ricerca sonora predilige i suoni digitali, specie i sequencer degli anni ’80, ma com’è il tuo rapporto con i suoni analogici?

Sicuramente un rapporto stupendo, perché penso che si possa riuscire a pescare il meglio da entrambi i mondi. Nonostante ci sia questa diatriba da anni, sul rapporto analogico/digitale. Il primo riesce a dare una perfezione sonora, quasi chirurgica, mentre l’analogico mantiene quelle imperfezioni armoniche e tonali che ne caratterizzano il suono. Io li utilizzo indistintamente, cercando di conciliare i linguaggi e sperimentarne la didattica.

Qual’è lo scopo principale del laboratorio di oggi?

Le clinic che sto portando in giro cercano di effettuare una cronostoria sull’evoluzione dei sintetizzatori, a partire dal 300 dopo Cristo. Molti non sanno che i sintetizzatori  nascono prima dell’avvento della corrente elettrica, poiché è insito nella loro natura, la capacità di generare più suoni con uno stesso strumento. Quindi ripercorrendo le tappe dell’evoluzione storica è possibile fare le dovute analogie con la tecnologia moderna; per esempio la ghironda, usata nel tardo medioevo, era uno strumento polifonico ante-litteram, oppure il player piano dei saloon che è stato il precursore del MIDI. A questo si aggiunge una parte dedicata alla teoria del suono, perché è importante dare degli elementi specifici su come si forma il suono, sia ai giovani, che ai pianisti che vogliono approcciarsi allo studio dei sintetizzatori, ma non hanno ancora le conoscenze adeguate. Sono tutti argomenti che ho trattato anche in un libro che uscirà a breve.

Fausto Bisantis

 

 

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