Siria ancora infiammata da scontri violenti e proteste antigovernative, cosa sta succedendo nel Paese

Ancora scontri e proteste in Siria, cosa sta succedendo nel Paese

La fragile e frammentata Siria continua ad essere teatro di scontri e proteste che da giorni infiammano alcune regioni del paese. A Sud, nella provincia di as-Suwayda, è scattato il tredicesimo giorno di proteste antigovernative contro il regime di al-Assad a causa della crescente crisi economica, mentre violenti scontri si stanno verificando più a nord, a Deir Ez-Zor, tra le forze democratiche siriane (SDF) e il Consiglio militare del governatorato di Deir Ez-Zor e che hanno già causato almeno 40 vittime tra combattenti e civili.

Proteste al Sud della Siria

Sono entrate nella seconda settimana le proteste che stanno scuotendo il sud del Paese e che si sono concentrate soprattutto intorno alla provincia di as-Suwayda,  territorio popolato principalmente dalla minoranza drusa del Paese e sotto il controllo del regime siriano di al-Assad dal 2011. In migliaia sono scesi in piazza per protestare contro le cattive condizioni economiche e per chiedere il rovesciamento del presidente Bashar al-Assad. Le manifestazioni sono state innescate da un aumento dei prezzi dopo che il governo siriano ha deciso di revocare i sussidi per il carburante. Nello stesso tempo, i salari del settore pubblico e le pensioni, già scarse, sono stati raddoppiati, ma ciò non ha fatto altro che accelerare l’aumento dell’inflazione e  indebolire ulteriormente la sterlina siriana, aumentando la pressione su milioni di persone che vivono in povertà. Non solo il prezzo del carburante, ma anche di altri beni di prima necessità, tra cui cibo e medicine, sono fuori controllo. Assad ha ripetutamente accusato le sanzioni occidentali per il crollo economico.




Durante le manifestazioni, le strade per Damasco sono state bloccate, gli uffici governativi chiusi e i ritratti obbligatori di Assad rimossi dagli edifici. Le proteste si sono diffuse in tutta la provincia, raggiungendo anche altre città controllate dal regime come Daraa vicino al confine con la Giordania, ma anche grandi centri come Damasco e Aleppo.   La Rete siriana per i diritti umani ha documentato almeno 57 arresti in risposta alle proteste, soprattutto intorno a Damasco, Aleppo e le zone costiere di Latakia e Tartus, che sono roccaforti della setta alawita di al-Assad – un’altra minoranza religiosa in Siria. Le proteste di as-Suwayda sono molto particolari poiché la popolazione drusa che vive nella regione, durante le rivolte del 2011, ha mantenuto la sua neutralità, rifiutando di inviare i propri giovani al servizio militare obbligatorio per non essere parte della violenza contro gli oppositori al regime di al-Assad.

Contesto siriano

Le proteste si inseriscono all’interno di un quadro generale più grande e drammatico. Il conflitto tra il governo e i gruppi politici e religiosi in Siria, iniziato nel 2011, ha continuato a devastare il Paese fino ad oggi. Secondo il Global Peace Index, la Siria risulta essere il terzo paese meno pacifico al mondo, battuto solo da Afghanistan e Yemen. Secondo dati OCHA, circa 14,6 milioni di persone su una popolazione di 21 hanno bisogno di assistenza umanitaria in tutta la Siria, con 2,6 milioni di persone in difficoltà soprattutto a Raqqa, Al-Hasaka e Deir ez Zor. Almeno 12 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare, si tratta di oltre il 50% della popolazione.  Anche gli sforzi per la costruzione della pace e della coesione sociale sono in ritardo, con solo poche organizzazioni coinvolte come ad esempio il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite. L’ONG siriana SIRF ha recentemente avvertito che il conflitto nella Siria settentrionale potrebbe aggravarsi e causare ulteriori sofferenze, con conseguenti spostamenti delle popolazioni locali.

Scontri al nord-est

Più di un decennio di conflitto ha lasciato la Siria divisa e impantanata nella crisi economica. al-Assad è riuscito nel corso degli anni a strappare il controllo sulla stragrande maggioranza del territorio del paese, ma le forze dell’opposizione e i combattenti curdi siriani sostenuti dagli Stati Uniti controllano ancora le fasce del nord e dell’est, dove da alcuni giorni si stanno verificando violenti scontri.

Gli scontri sono scoppiati lunedì, un giorno dopo che le Forze Democratiche Siriane (SDF) , appoggiate dagli Stati Uniti e guidate dai Curdi, hanno arrestato il comandante Ahmad al-Khbeil, conosciuto anche come Abu Khawla, e diversi membri del Consiglio Militare di Deir Ez Zor, un gruppo che era stato alleato con la SDF nella lotta contro l’ISIS.  Secondo la SDF, l’arresto sarebbe avvenuto in quanto Khawla sarebbe colpevole di complicità in molteplici crimini legati al traffico di droga e di un pericoloso riavvicinamento con lo Stato Islamico nella provincia. Gli scontri, che sono proseguiti mercoledì, sono stati tra i peggiori degli ultimi anni nella regione lungo il confine con l’Iraq, dove centinaia di truppe degli Stati Uniti hanno sede dal 2015. Il numero delle vittime, secondo l‘Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, è salito a 45, compresi alcuni civili.

I crescenti disordini innescati con l’arresto di Khwala non hanno fatto altro che far emergere una profonda e antica rabbia tra le due fazioni. Le tribù arabe di Deir Ez Zor si sono opposte apertamente all’SDF, con il leader tribale Hasan al-Dabei che accusa l’SDF di usare gli scontri per invadere altre terre. Inoltre, l’SDF ha continuato l’operazione di “rafforzamento della sicurezza” lanciata cinque giorni fa, con l’avanzamento da parte delle SDF in alcuni territori arabi e con l’espulsione di uomini armati fedeli ad Abu Khawlah e gruppi sostenuti dall’Iran da diversi posti nella campagna di Deir Ez zor. L’assalto delle SDF non sarebbe stato possibile senza il via libera da parte dei militari statunitensi nella zona. D’altra parte, le forze di regime e le milizie sostenute dall’Iran potrebbero aver sfruttato lo stato di instabilità nella campagna di Deir Ez zor, tentando di fomentare conflitti tra i segmenti della società nelle aree controllate dalla SDF per alimentare scontri e minare il prestigio della SDF.

Aurora Compagnone

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