La violenza poliziesca non è un fatto nuovo nel contesto delle proteste in Cile. Dall’ottobre 2019, un’ondata di manifestazioni antigovernative ha stravolto il paese, affollando le strade di varie città. I cortei, inizialmente pacifici, sono talvolta sfociati in violenti scontri fra gli oppositori e le forze dell’ordine. Questo non ha calmato i partecipanti che, anzi, hanno scelto di continuare a scendere in piazza a distanza di un anno dalla prima volta.
All’origine del dissenso
Ad accendere le prime proteste in Cile, era stato l’aumento del prezzo della metropolitana di Santiago. Il biglietto era già molto caro, se confrontato con lo stipendio medio dei lavoratori cileni. Le contestazioni si erano presto diffuse e amplificate, costituendo un movimento di denuncia delle disuguaglianze nel paese, degli alti costi dell’assistenza sanitaria e dello scarso finanziamento dell’istruzione. In un contesto perlopiù pacifico, alcuni dei contestatori avevano assaltato negozi o attività commerciali e gli scontri si erano intensificati. Nel novembre 2019, il Parlamento aveva indetto un referendum per rivedere la costituzione ereditata dalla dittatura di Augusto Pinochet. Questo, previsto per aprile, era poi saltato a causa della pandemia.
Le violenze della polizia
Per sedare le rivolte, il governo cileno aveva disposto anche l’intervento dei militari. Durante le dimostrazioni, trenta persone erano morte, centinaia erano state ferite e migliaia arrestate. Per ridurre i disordini, il presidente di centrodestra Sebastián Piñera aveva sostituito otto ministri del suo governo, mentre l’esercito aveva sospeso l’uso dei proiettili a pallini di gomma. Questo tipo di arma, ampiamente utilizzata nel reprimere la folla, aveva infatti provocato lesioni alla vista di oltre 200 manifestanti, tanto che le bende sugli occhi erano divenute simbolo delle proteste in Cile.
L’anniversario delle proteste
A un anno dalle prime sollevazioni il popolo cileno è ritornato in piazza. Fra settembre e ottobre, migliaia di persone hanno affollato Santiago e una parte dei manifestanti si è scontrata con le forze dell’ordine. Due chiese, la Parroquia de la Asunción e la Iglesia de San Francisco de Borja, sono state bruciate. Secondo la polizia, che non ha risparmiato gas lacrimogeni e idranti sui cortei, una ventina di agenti sarebbero rimasti feriti negli scontri. Particolarmente eclatante quanto successo il 4 settembre nel corso di una manifestazione antigovernativa a Santiago, quando un adolescente di 16 anni si è ferito cadendo da un ponte. In realtà, diversi video mostrano in modo abbastanza chiaro che il ragazzo è stato spinto giù da un carabiniere.
Cosa è successo
A scatenare l’ultima serie di contestazioni, è stato l’omicidio del giovane Francisco Andrés Martínez. Il ragazzo, un giocoliere di 27 anni, si trovava a Panguipulli, una località nel sud del paese, quando è stato fermato dalla polizia per un controllo. Alla richiesta di mostrare i documenti, Martínez ha risposto di non averli con sé, ma di essere disposto a fornire il numero di identità. A questo punto, i Carabineros hanno intimato all’uomo di seguirli in commissariato, provocando in lui, a quanto dicono i testimoni, una reazione aggressiva. Uno fra gli agenti, impaurito, avrebbe estratto l’arma di ordinanza e sparato tre colpi, l’ultimo dei quali al petto del ventisettenne, uccidendolo.
I cileni resistono
L’ennesimo episodio di abuso da parte dei Carabineros ha generato una forte indignazione. Un gruppo di residenti ha accusato la polizia di omicidio volontario e avviato nuove manifestazioni, durante le quali il comune della piccola cittadina di Panguipulli è stato incendiato. Un magistrato ha disposto la carcerazione preventiva del colpevole per “omicidio con arma da fuoco”, ma questo non sembra calmare la popolazione. Nonostante le percosse e la violenta repressione attuata dal governo, le sollevazioni vanno avanti e sembrano prendere sempre più corpo. Già il 27 ottobre, i manifestanti hanno ottenuto una vittoria storica: al referendum sull’abolizione della costituzione di Pinochet, c’è stata una schiacciante maggioranza di voti a favore. Tuttavia, le proteste in Cile potrebbero non terminare finché non vi saranno anche gli altri interventi richiesti. I cileni non sono più disposti ad abbassare la testa.
Alessia Ruggieri