Anche internet uccide gli orsi polari

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Nuova Andrea Umbrello Ultima Voce Di Andrea Umbrello


Internet. Basta scrivere questa parola e istintivamente andiamo a pensare al mondo virtuale. Un mondo prodigioso caratterizzato dall’istantaneità e dall’accuratezza con le quali troviamo accesso alle finalità delle nostre innumerevoli ricerche quotidiane.

Traffico dati o WiFi, non ha importanza. In qualsiasi momento e in qualunque parte del mondo riusciamo ad allacciare connessioni virtuali con chiunque utilizzando semplicemente un PC o il nostro inseparabile smartphone.

Ma come spesso accade, la realtà è ben diversa, e le subdole operazioni virtuali che crediamo innocue nascondono gravissime influenze su tutto ciò che vediamo e tocchiamo concretamente.

Tutti noi conosciamo i fattori più comuni che generano un ingente impatto sull’ambiente e sulla crisi climatica che contraddistinguere il nostro tempo. Guidare un determinato tipo di macchina, prendere un aereo per godersi un week-end romantico a Parigi o il sole delle Canarie, scegliere il nostro fornitore energetico o il cibo che mangiamo. Sono solo una serie di attività che possiamo annoverare tra le operazioni che consciamente compiamo a discapito del patrimonio naturale, ma quanti arriverebbero a pensare che scaricare, inviare e visualizzare video, documenti, foto e musica su internet sono tutte attività che hanno lo stesso tremendo impatto ambientale delle operazioni precedentemente elencate?

Molti potrebbero rimanere sorpresi, ma internet inquina e inizia a farlo nel preciso istante in cui rispondete alle vostre email o lasciate partire quelle lunghissime note audio su WhatsApp. Un motivo in più per evitare di terrorizzare i vostri amici con messaggi vocali pieni di consonanti dissonanti, rumori di fondo e con le classiche pause fatte da lunghissimi “aaahhh… eeehh…”.

I dispositivi digitali delineano il nostro stile di vita quotidiano, ormai, largamente sorretto e alimentato da una vasta rete di infrastrutture fisiche, come le reti di trasmissione e i data center. Proprio quest’ultimi consumano una quantità enorme di elettricità, l’ 80% della quale attualmente proviene da centrali elettriche a combustibili fossili.

Ogni volta che eseguiamo semplici azioni quotidiane come navigare su internet o utilizzare le App sui nostri telefoni, i dati di navigazione vengono immediatamente trasferiti dai nostri dispositivi ai server, e, più dati vengono inviati e archiviati, più elettricità ed energia sono necessarie.

Ovviamente anche se la quantità di energia consumata a livello individuale è relativamente bassa, a livello complessivo si stima che il settore ICT produca circa il 2% delle emissioni di CO2 mondiali. Un dato imponente, equiparabile all’inquinamento concepito dai carburanti dell’intera industria dell’aviazione.

Per facilitare la compressione di queste dinamiche possiamo dire che i file e i database di ogni sito Web vengono salvati su un computer chiamato server, che di solito viene archiviato con migliaia di altri server all’interno di un edificio high-tech chiamato data center. Ogni volta che qualcuno apre un sito Web sul proprio dispositivo effettua una connessione con questo server tramite Internet, e nello stesso momento il server invia una risposta contenente dati che rendono il sito Web ricercato fruibile sul nostro dispositivo. Il problema è che la stragrande maggioranza di questi fornitori utilizza data center alimentati da elettricità, e quindi, sorretti da combustibili fossili.

Utilizziamo internet tutti i giorni, ma perché sono poche le persone consapevoli di questo problema e delle possibile soluzioni?

Purtroppo, come spesso accade, complici di questa condizione sono le grandi aziende, in questo caso quelle che lavorano nel settore Tech (GAFAM), come Amazon e Google. Colossi che arrivano a registrare una capitalizzazione di mercato che oscilla tra i 500 miliardi e i 2 trilioni di dollari. Molte di queste grandi realtà sostengono le più grandi aziende petrolifere (Shell, BP, Chevron, ExxonMobil, etc.) fornendo loro nuove tecnologie (AI) con lo scopo di facilitare l’individuazione di nuovi giacimenti petroliferi e, come più volte denunciato dai grandi movimenti ambientalisti, arrivando anche a finanziare gruppi negazionisti per screditare la crisi climatica.

Lo scoppio della pandemia mondiale legata al coronavirus ha ridotto drasticamente la domanda globale di petrolio e gas. Con l’inevitabile ascesa della crisi petrolifera, lo scopo di queste collaborazioni interessa la capacità di rintracciare quanti più giacimenti possibile aumentando la velocità di estrazione e abbattendo i costi fino alla distribuzione dei prodotti finiti. È per questo motivo che il supporto sinergico tra compagnie petrolifere e aziende tecnologiche va a segnare sempre di più ogni singola fase della catena di produzione di petrolio e del gas.

Più di 10.000 lavoratori di Google, Amazon e Microsoft, hanno pubblicamente condannato i legami fra i propri datori di lavoro e le grandi compagnie petrolifere. Questi, non sono certo accordi marginali se si considera che le previsioni espresse da BloombergNEF dicono che la spesa delle compagnie petrolifere per l’analisi tecnologica avanzata aumenterà da 2,5 miliardi di dollari nel 2020 a 15,7 miliardi entro il 2030, principalmente per scopi di esplorazione e produzione. Una cifra esorbitante se vagliamo che il fondo per il clima ideato da Amazon ha un valore che non supera i 2 miliardi, mentre il numero di contratti nelle fasi intermedie e a valle della produzione di petrolio, concentrandosi su oleodotti, spedizioni e stoccaggio per le compagnie petrolifere e del gas aumentano costantemente giorno dopo giorno.

Questo paradosso riguarda tutte le aziende coinvolte. Per esempio, prendiamo in esame il caso Microsoft e chiediamoci come possa veramente raggiungere il suo obbiettivo recentemente dichiarato e chiamato “Carbon Negative” se lo stesso colosso americano vanta la maggior parte dei contratti con le compagnie petrolifere e del gas, offrendo capacità di intelligenza artificiale in tutte le fasi della produzione di petrolio.

A questo punto, cosa dovremmo fare? Dovremmo forse smettere di utilizzare uno degli strumenti più efficaci del nostro secolo? Impensabile. Internet è una finestra sul mondo oltre che, in molti casi, un elemento essenziale per numerose attività lavorative e sociali. Tutti conosciamo le difficoltà relative ad una fruizione di internet consapevole e coscienziosa, ma pochi conoscono le reali conseguenze che si nascondono dietro all’utilizzo del Web. Quello che occorre fare è apprendere queste conseguenze.

Hai mai pensato che eliminando le App che non utilizziamo da mesi, annullando l’iscrizione a inutili newsletter mai lette e cestinando email inutilmente finite archiviate potresti contribuire sensibilmente all’arresto del riscaldamento globale, all’assottigliamento dello stato di ozono e alla salvaguardia della fauna selvatica?

Ora che sai di più sull’inquinamento digitale è tempo di agire, perché esiste un equilibrio tra l’ambiente naturale e quello digitale e non possiamo più permetterci di ignorarlo.

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