Il senso apocalittico del mistero, dell’ineluttabile pervade il corpus artistico di Fèlicien Rops (1833-1898). Artista controverso, estremo nelle sue scelte stilistiche che creano un senso di disagio e smarrimento intenzionali nello spettatore. Il suo desiderio di “scioccare” con tratti, che sembrano tagli sulla tela; l’utilizzo di tinte fosche, cangianti e visionarie che rimangono impresse sulla retina dell’osservatore.
Alter ego pittorico di Baudelaire, del quale riprende tanto l’istinto, l’impulsività, la trasgressione quanto una certa etica e intento morale. La volontà di mostrare la marcescenza della società, dell’individuo, la dissolutezza, il malcostume, l’esasperazione costituisce un pretesto per diffondere il suo senso civico e sensibilizzare il pubblico. Fèlicien mostra i bassifondi della città, la depravazione dell’essere per scuotere gli animi e focalizzare gli sguardi sul gorgo della società.
La sua analisi pittorica della degenerazione, raffigurata nella “Tentazione di S. Antonio”, attrae il padre della psicanalisi Sigmund Freud e lo scrittore Karl Kraus. L’atmosfera infernale, la donna vista come una femme fatale, l’elemento demoniaco, la morte incipiente caratterizzano lo stilema artistico di Rops che quasi serialmente e sistematicamente ripropone con il fermo intento di scalfire la coltre dell’omertà sociale.
Un’opera che invece abbandona questa prassi, ma dà libero sfogo all’immaginifico dell’artista è “La morte al ballo” (1865-1875). Nessun eco letterario, la collisione tra il vitale e il mortale in un’iperbole parossistica dove la morte veste abito femminile, con un grottesco decolleté nel piede scheletrico, e con aria lasciva si rivolge a un uomo anziano, che si intravede appena, dove “l’aria si rabbuia” sullo sfondo. Sensualità mista a un senso tenebroso dell’ineluttabile pervadono questa opera che risente delle sonorità simboliste di Kubin. Il regime dei colori, gettati violentemente sul quadro, quasi a sfregio della tela, è dominato dal contrasto visivo e manifesta l’abilità di colorista di Fèlicien.
Costui sposa in pieno il monito di Morèas di “non chiarire mai un’idea in modo comprensibile né esprimerla apertamente”, ma bensì di evocare una sensazione e immergere l’atmosfera in un unicum imponderabile.
Costanza Marana