Utilizzare un lettore analogico, o giradischi, invece di un lettore digitale sembra da dinosauri, quasi una questione generazionale, al più un cliché.
Eppure, mettere su un vinile, pulirlo accuratamente, poggiare la puntina delicatamente sul solco, e sentire il fruscio poco prima dell’inizio della canzone è una sensazione particolare. E poi il suono, più pieno, profondo. Solo la fascinazione di una ritualità o c’è qualcos’altro? Proviamo a capire.
Un processo puramente fisico
L’oscillazione di un corpo provoca la vibrazione del mezzo in cui avviene e l’energia prodotta è trasportata sotto forma di un’onda. Per visualizzarla basti pensare alle “creste” e “valli” dell’onda del mare.
Quindi questa vibrazione, attraverso l’aria o l’acqua o qualsiasi mezzo comprimibile, arriva al nostro orecchio e attraverso il condotto uditivo esterno colpisce il timpano, una membrana che separa l’orecchio esterno dall’orecchio interno. Il timpano poi “trasmette” la vibrazione al cervello che la “decodifica” e interpreta come suono.
Nel 1857 Léon Scott de Martinville inventò un aggeggio che replicava il meccanismo dell’orecchio, chiamandolo “Fonoautografo”, in grado di riportare la vibrazione dell’aria su un foglio di carta. Lo “scarabocchio” ottenuto era una curva, la prima onda sonora. Nel 1890 Charles Cros lo perfezionò sostituendo al foglio di carta un disco sul quale veniva incisa l’onda di Martinville.
Come nasce la musica
Se ingrandissimo il singolo solco di un vinile, guardandolo di lato, vedremmo che assomiglia allo “scarabocchio” riprodotto dal Fonoautografo: un’onda con creste e valli.
Il processo inverso, ovvero un sottile ago che percorre il solco inciso sul disco, riproduce il suono registrato.
Esistono infiniti “scarabocchi”, quindi infinite onde sonore, caratterizzate da un volume (o ampiezza del suono) dato dalla dimensione delle “creste” e “valli” dell’onda, e da un’altezza (il suono acuto o grave) data dalla frequenza, cioè quanti picchi al secondo.
Le onde sonore uniformi, date da frequenza e ampiezza costanti, originano toni puri. I toni puri si fondono molto bene tra loro e in sostanza caratterizzano la sorgente che li emette, rendendola unica.
Quando la stessa nota è prodotta da due strumenti diversi riusciamo a distinguere l’uno dall’altro proprio perché sono l’esatta combinazione di più toni puri specifici per quella sorgente, cioè diverse frequenze che si sovrappongono tra loro dando origine al suono dello strumento e, in ultima analisi, alla musica come la sentiamo.
Ma come può un solco su un disco dirci che si tratta di David Bowie?
Il famoso “scarabocchio” inciso sul disco è letto come la combinazione di toni puri registrati quando è stato inciso il solco. Esiste solo una combinazione capace di produrre quel particolare “scarabocchio”, per esempio la voce di Bowie.
Lo strumento che ci permette di analizzare il solco inciso sul disco si chiama “Trasformata di Fourier”. La trasformata scompone la curva in tutte le sue componenti permettendo poi di ricostruirla.
La registrazione digitale è diversa e, per quanto appaia strano, la differenza sta nella limitazione del computer. Infatti, i computer non possono memorizzare la quantità infinita di informazioni contenute in una onda sonora. Interviene allora il teorema di campionamento che permette di ricostruire completamente un’onda sonora usando un numero finito di punti. Questa però potrebbe non corrispondere perfettamente alle vibrazioni del suono stesso.
D’altra parte la registrazione analogica è pura fisica. Quindi analogico è più preciso? No, semplicemente diverso. Movimento, polvere o graffi potrebbero alterare la riproduzione e anche il processo di registrazione è altrettanto sensibile.
Le incisioni dei dischi oggi sono realizzate utilizzando la riproduzione digitale, quindi la preferenza del vinile non può essere attribuita unicamente alla riproduzione dell’onda sonora.
Rimane il fatto che l’analogico cattura un processo fisico mentre il digitale usa la matematica per ridurre il processo a bit finiti di informazioni. E se qualcosa è perso in questo passaggio è molto difficile da valutare. Forse le limitazioni della matematica possono fare la differenza nelle esperienze di ascolto degli amanti del vinile. Oltre a essere la rivincita di chi a scuola aveva voti bassi nella materia.
Alessandro Desogus