Analisi delle tendenze e dei numeri sull’immigrazione in Italia nel 2023

immigrazione in Italia nel 2023 Migranti a New York

Con una popolazione straniera stabile a 5 milioni di individui, rappresentando il 8,6% del totale, l’immigrazione in Italia nel 2023 ci offre un’opportunità unica di esaminare le dinamiche di questa popolazione diversificata, spesso in rapida crescita, e il suo impatto su vari aspetti della società italiana.


La popolazione straniera che chiamava l’Italia casa all’inizio del 2023 manteneva una cifra stabile, ancorata a 5 milioni di individui. Questo gruppo rappresentava l’8,6% della popolazione totale del paese. Tuttavia, c’era una distinta differenza nell’età media tra gli stranieri e gli italiani. Mentre la media di età degli italiani si attestava a 46,9 anni, gli stranieri mostravano un’età media di 35,3 anni. Questi indicatori demografici rendevano chiara la diversa tendenza tra i due gruppi: gli stranieri avevano un tasso di nascite più elevato, con 11,0 neonati ogni mille abitanti e 2,0 decessi, rispetto agli italiani con soli 6,3 nati e 13,0 decessi per mille abitanti.

Un elemento significativo era anche il numero di stranieri che avevano ottenuto la cittadinanza italiana, con 133 mila di essi che avevano ottenuto la cittadinanza nel 2022, portando il totale a 1,4 milioni negli 11 anni precedenti. Tutti questi dati sono emersi dall’ampio spettro informativo del Rapporto annuale 2023 sull’economia dell’Immigrazione, una pubblicazione curata dalla Fondazione Leone Moressa e presentata in una conferenza svoltasi verso il finire dello scorso anno presso il Viminale e la Camera dei Deputati.

Nel corso del 2022, l’Italia aveva concesso ben 338 mila Permessi di Soggiorno, raggiungendo un picco che non si verificava da un decennio. Ciò rifletteva una ripresa degli ingressi per motivi di lavoro, che costituivano quasi il 20% del totale. Questi ingressi erano principalmente il risultato del Decreto Flussi 2021 del Governo Draghi. Si prevedeva che questo trend sarebbe continuato negli anni successivi, in parte grazie ai decreti del Governo Meloni, che avevano previsto 122 mila ingressi per lavoro nel 2023 e addirittura 452 mila nel periodo 2024-2026.

A livello europeo, Polonia, Spagna e Germania erano i paesi con il maggior numero di immigrati per motivi di lavoro. Tuttavia, in Italia, il rapporto tra gli ingressi per lavoro e la popolazione residente è rimasta inferiore rispetto alla media dell’Unione Europea, con soli 11,3 ingressi ogni 10 mila abitanti rispetto ai 27,4 della media europea. Il principale canale di ingresso in Italia era il ricongiungimento familiare, rappresentando quasi il 39% del totale.

Dopo una contrazione dovuta alla pandemia, il tasso di occupazione degli stranieri, che era del 60,6%, ha superato quello degli italiani, che si attestava al 60,1%. Tuttavia, questi tassi rimanevano al di sotto dei livelli precedenti alla pandemia. La popolazione straniera impiegata in Italia ammontava a 2,4 milioni e mostrava una concentrazione significativa nei lavori manuali. La loro incidenza tra i lavoratori totali era in media del 10,3%, ma raggiungeva addirittura il 28,9% tra il personale non qualificato.

I lavoratori immigrati hanno contribuito in modo significativo all’economia italiana, producendo un Valore Aggiunto di 154,3 miliardi di euro, il che rappresentava il 9% del PIL del paese. Questo contributo è stato particolarmente evidente nei settori dell’agricoltura (15,7%) e dell’edilizia (14,5%). Inoltre, il numero di imprenditori immigrati è stato in crescita, con 761 mila di essi registrati nel 2022, rappresentando il 10,1% del totale. Nel periodo di dodici anni compreso tra il 2010 e il 2022, la popolazione straniera è cresciuta del 39,7%, mentre quella italiana è diminuita del 10,2%. Questa tendenza è più pronunciata nelle regioni del Centro-Nord e nei settori delle costruzioni, del commercio e della ristorazione.

Dopo il periodo di contrazione dovuto alla pandemia, il numero di contribuenti immigrati è nuovamente cresciuto. Nel 2022, c’erano 4,3 milioni di contribuenti stranieri, rappresentanti il 10,4% del totale, che avevano dichiarato un reddito complessivo di 64 miliardi di euro e versato 9,6 miliardi di Irpef. Tuttavia, rimane un significativo divario nel reddito pro-capite tra italiani e immigrati, con una differenza di circa 8 mila euro annui, un risultato diretto della diversificazione delle occupazioni.

Da un punto di vista fiscale, il saldo tra il gettito fiscale e contributivo (entrate per 29,2 miliardi di euro) e la spesa pubblica per i servizi di welfare (uscite per 27,4 miliardi) è rimasta positivo, con un attivo di 1,8 miliardi di euro. Questo risultato positivo è in parte dovuto al fatto che gli immigrati, in età lavorativa, hanno avuto un impatto relativamente basso sulle principali voci di spesa pubblica, come la sanità e le pensioni. Tuttavia, questo scenario confermava il ruolo essenziale che la popolazione straniera svolgeva nell’economia italiana.

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