Angela Anaïs Juana Antolina Rosa Edelmira Nin y Culmell, un nome lungo una traversata dal Vecchio al Nuovo Continente. Diventerà presto, concisamente, Anaïs Nin, una delle più controverse e sbrigliate penne della letteratura del 900. Alla donna bambina spagnola, come tanto amava farsi chiamare, riconosciamo senza dubbio la virtù di aver anticipato di almeno due generazioni la libertà psicologica e sessuale dell’essere donna.
Fece scandalo, certo che lo fece; venne tacciata di adulterio, di promiscuità, di trasgressione alle regole morali e del buon costume. Come rispose Anaïs? Scavando sempre più in profondità, brandendo sempre più spregiudicatamente cavità proibite, annotando con maggior veemenza passioni e desideri. La Nin ebbe il nerbo di macchiare di peccaminoso inchiostro rosso pagine e pagine di epistolari, indirizzati a sé stessa e ai suoi amanti, pronunciando sentenze che molte donne dell’epoca temevano sol di pensare.
L’infanzia rubata di Anaïs Nin
Nella piccola Anaïs, venuta al mondo nella umbertosa e colorata agitazione culturale e artistica del 1903, in piena Belle époque, a Neuilly-sur-Seine, in Francia, confluiscono tutte le influenze genetiche di genitori plurietnici. Artista dall’anima latina, il padre era un pianista cubano di mescolate origini catalane e spagnole mentre la madre una cantante anch’essa cubana con radici piantate in Francia e in Danimarca.
L’intersecarsi dell’esotico sangue con il temperamento plastico di Anaïs, si trasformeranno presto in un pennino alla nitroglicerina. La prima volta che avvolse il fusto della stilo aveva undici anni, solcava l’Oceano e fuggiva dalla miseria nella quale la aveva abbandonata il primo uomo sbagliato della sua vita. Rivolse al padre parole di una intimità più profonda delle acque sulle quali navigava, rivoli di un’infanzia ormai perduta per l’eternità, pensieri che confluiranno poi nel primo, antesignano, Diario. Troverà, fin dalla tenera età, talmente catartico sversare il proprio io sulla carta che non smetterà fino all’ultimo sospiro.
Tutti gli uomini di Anaïs
Nel cono d’ombra della scrittrice francese, naturalizzata americana e con sangue andaluso nelle vene, giacciono tanti uomini. Molti volti noti, tantissimi sconosciuti, parecchi durati l’attimo di un edonistico momento, qualcuno amato sincronicamente. Ha dominato la ruggente New York degli anni ’30 grazie al suo ipnotico fascino cosmopolita e avanguardista, grazie all’impasto di seduttività carnale e intellettiva e all’eleganza orientale e mitteleuropea.
Quello che più sconvolgeva, di Anaïs, era, però, il viscerale legame con la scrittura. Una urgenza, uno spasmo, una estensione del proprio io. “Se non respiri attraverso la scrittura, se non piangi nello scrivere, o canti scrivendo, allora non scrivere, perché alla nostra cultura non serve.” Pasionaria e felina, rifugge ben presto le nozze convolate con il regista Hugh Parker Guiler, gabbia nella quale l’animalesca Anaïs si sentirà soffocare. Libertà poi ben presto ritrovata in altri letti e su altre pagine.
La fiamma di Anaïs incontra la benzina di Miller, ed è subito incendio.
Di lei Miller amava “quella faccia sofisticata”. Anaïs si invaghì di quella scrittura “ardita, virile, animalesca”. La folgorazione tra i due è inevitabile. All’apogeo del successo lei, scrittore squattrinato e vagabondo lui, si amano primordialmente, visceralmente, irrimediabilmente. Sovraestensione della passione furente e catodica, il loro essere scrittori, essenzialmente e primariamente scrittori, li avviluppa in maniera indissolubile. “La stessa cosa che rende indistruttibile Henry è quella che rende indistruttibile me: è il fatto che il nucleo di entrambi sia uno scrittore, non un essere umano”. Scrittura che, in entrambi, diventa ossessione, convulsione, quando non scrivono si amano e quando non si amano scrivono.
900 saranno le corrispondenze di amorosi sensi battute a macchina da Henry Miller per la sua maliarda amante nel solo primo anno di sentimento. Poco meno di un migliaio di epistole sagomate da pensieri lussuriosi e voluttuosi. Per una succinta parentesi vivranno anche insieme in quel turpe atelier chiamato il laboratorio di pizzo nero, nel quale si concedono due vizi soltanto: scrivere e amarsi, per l’appunto. E anche quando i sensi di entrambi volgeranno lo sguardo altrove, il nocciolo dei due scrittori continuerà ad amarsi.
La psicoanalisi nella Nin: estensione della sessualità
Sacerdotessa dell’animo e peregrina del recondito, grazie all’interferenza di Otto Rank, allievo di Freud, Anaïs entra in contatto con la psicoanalisi. “Non posso insediarmi definitivamente nella vita umana. Non mi basta. Devo ascendere a regioni più vertiginose” scriveva una ascetica Nin. Eternamente in fuga dalla realtà che non la soddisfa più, ritrova un analgesico alle sue abissali domande nella psicoanalisi e nel simbolismo, preludendo, anche in questo caso, un campo inedito per una donna.
Una maieutica canicolare e affilata la spinge a inoltrarsi negli anfratti più celati della psiche, scoprendo nella psicoanalisi un perfetto strumento di supporto alla produzione artistica. Per la scrittrice francese, l’analisi medita sulla locuzione della verità di sé stessi, mentre la scrittura sulla cura sublimante del vissuto.
La produzione letteraria di Anaïs Nin
Prima valvola di sfogo, poi mezzo per ascendere a un livello cognitivo superiore, ancora congegno di sensualità e perversione. La scrittura era la Nin, e la Nin era scrittura. Una osmosi prima pacificante, poi torbida, poi ancora calmante. Attraverso la parola scritta, la fascinosa narratrice, intendeva suscitare crepitii allo stomaco e morsi agli umori sensuali propri e di chi nelle sue pagine si immergeva fino a non riuscire più a riemergere. Alla spigolatrice della passione carnale, a un certo punto della carriera letteraria, vengono commissionati 100 racconti erotici nei quali sboccano tutte le perversioni più impudiche della scrittrice.
Verrà partorito in questa maniera Il Delta di Venere, considerato una delle più grandi opere erotiche del 900. Della autrice dagli occhi orientali e i tratti asburgici, ci resta, poi, una produzione epistolare di una intimità conturbante. Con l’intestazione di Diario di Anaïs Nin si identifica l’intero corpus narrativo-letterario nel quale convergono tutti i suoi diari. Un flusso di coscienza e di atti quotidiani, alcuni reali, altri immaginati, tutti avvolti da un sostrato di delicatezza e ruvidezza sensuale in una amalgama che solo lei è stata capace di creare. L’insieme dei Diari di Anaïs Nin viene pubblicato dopo la sua morte da Rubert Pole, suo ultimo e intenso amore, arrivata nel 1977 vestita da cancro.
Martina Falvo