Ogni parte del nostro corpo è preziosa: la perdita di una di queste ci spezza. Solo l’dea di perdere un pezzo di noi stessi ci terrorizza, e cos’ allontaniamo subito l’idea..
Vi siete mai immaginati senza un arto? Vi siete mai domandati cosa succede dopo un’amputazione? Non è che le protesi si vadano a comperare al supermercato, oppure le si commissiona ad un artigiano. Spesso e volentieri, le amputazioni le vediamo nei film, che ci illustrano il protagonista che viene sottoposto ad un’asportazione chirurgica del proprio arto, poi subito dopo la difficoltà nell’accettare la perdita di una parte di se stessi e in fine la fisioterapia e la protesi.
Ma il percorso non è così liscio come può sembrarci, dato che noi lo osserviamo solo dall’esterno. Innanzitutto l’asportazione non è una pratica così rara come si pensa. Diverse situazioni possono portare all’amputazione di un arto, tra cui: Diabete, tumore alle ossa, qualsiasi tipo di cancro avanzato, gangrena (detta anche cancrena), gravi ferite ad un’arto che lo rendono irrecuperabile, infezione alle ossa. Questi sono solo alcuni casi.
Vediamo la definizione dei questa pratica…L’amputazione è l’asportazione totale o parziale, traumatica o chirurgica di uno o entrambi gli arti inferiori o superiori.
Spesso questa pratica chirurgica, nel caso di una malattia o condizione, viene valutata come ultima (ed estrema) opzione, anche se spesso si rivela un’ottima decisione. Ma questa, viene vissuta dal paziente come una perdita, e come tale deve essere rielaborata e superata. Non a caso nel primo periodo più del 50% dei pazienti parla di “ARTI FANTASMA”. Si continua a percepire la presenza dell’arto amputato, che a volte può prudere o far male..alcuni possono anche sentirlo muovere. Gli scienziati, riportano le cause di questo fenomeno a ciò che viene chiamato “MAPPATURA DEI NEURONI”; questi continua a mandare informazioni relative all’arto amputato senza curarsi dell’esistenza o meno di quest’ultimo.
Non tutto viene per nuocere però, perché a volte questa illusione aiuta il paziente nella fase di riabilitazione ad adattarsi alla protesi, in quanto gli permette la percezione del proprio arto in relazione alla protesi, o in altre parole la cosiddetta propriocezione (percezione del proprio arto o corpo nello spazio). Questa pratica chirurgica, viene suddivisa in fasi; la prima consiste nell’interruzione della circolazione del sangue nelle vene e nelle arterie che interessano quella zona del corpo da amputare. Questa pratica serve ad evitare eventuali emorragie. Conclusa questa fase, si passa alla seconda, che consiste nel sezionamento dei muscoli; l’ultima invece interessa l’osso sul quale si interviene segandolo con una “sega oscillante.
Al termine di questi 3 passaggi, il chirurgo provvede alla sistemazione, sopra al moncone, dei tessuti (pelle e fibre muscolari). Alle volte, durante quest’ultimo step, vengono inseriti alcuni elementi che serviranno poi per attaccare la protesi. Nella maggior parte dei casi, i medici, chirurgi, preferiscono eseguire un’amputazione parziale che permette la conservazione dell’articolazione dell’arto interessato, ma nel caso della chirurgia oncologica, la cosiddetta disarticolazione è favorita. L’amputazione tuttavia, è solo l’inizio di un viaggio che molti sono costretti a fare, a percorrere. Ma le altre tappe di questo di questo percorso altalenante le vedremo nella seconda parte di questo articolo.
Quindi, non mi rimane che dirvi………… a presto !!