Amplessi Salviniani
Mi ha colpito una notizia di qualche giorno fa: un ingegnere francese in trasferta fuori Parigi muore nel bel mezzo di un rapporto sessuale, un classico, ma la vedova tradita pensa bene di citare l’azienda per cui lavorava il “fu fedifrago” per morte dovuta ad un infortunio sul lavoro. Ebbene la corte d’Appello di Parigi dà ragione alla cornut … ops!, alla vedova inconsolabile. Bé che dire? Tanto di cappello per la tortuosa fantasia. Portare a proprio vantaggio una delle circostanze più inflazionate e più banali dell’umana natura ha del geniale. La vedova ci ha provato e ci è riuscita: ora le peserà sicuramente meno immaginare il povero marito vessato a morte dalle sue faticose trasferte. I suoi inconsolabili ricordi si affacceranno con “appagata” serenità nella sua affranta memoria.
Ah la forza dell’amore (finito), cosa ti fa fare.
Ora facciamo un parallelo tra il defunto ingegnere (e non solo) e Salvini, anche se come paragone è piuttosto forzato: a differenza del malcapitato adultero, sicuramente Salvini non si è ammazzato da solo col sorriso sulle labbra.
Matteo, in pieno e limaccioso amplesso con il peggio degli italiani, inizia a strafare: forza, forza, forza! Vestito da gerarca fascista a brache calate come il duce nella sala del mappamondo gioca d’anca ed odio, gli occhi si iniettano di sangue più che di piacere. Le sue pendule membra si agitano scomposte e nervose. Oh Dio!, è meglio del Papete, meglio di tutto, persino di far guidare la Lamborghini della polizia al figlio senza patente. Oh sì, altro che idillio! E’ pura perversione: è più che piacere, è qualcosa di inimmaginabile (per nostra fortuna). Oh sì, che bello!
Ora strafare è imperativo! Oh sì! Facciamolo davanti a una nave di una Ong mentre affonda in mare, su una ruspa lanciata in fiamme su un campo rom. Non ce la fa più, la libidine è inarrestabile e per contenersi fa i pensieri più degradanti, non so… Grillo che frusta Conte e di Maio vestiti rispettivamente da suora e infermiera, ma la cosa è oramai diventata irresistibile. Neanche Berlusconi che inchiappetta Dudù può fermare la sua terrificante escalation di libido!
Gli occhi si sgranano, trema tutto sudante, gronda abiezione oramai all’apice e, mentre tutto si conclude ad una velocità apicale, il nostro infuocato e inguardabile amante del nulla si vede d’improvviso in slow motion ( il male della modernità narcisistica), nonostante il suo corpo fluttui disgustosamente scomposto e umidiccio come quello di Barbapapà sotto un attacco epilettico si immagina inarrestabile come Achille, forte come Eracle, bello come Narciso e … zac! Buio! Invoca la crisi di governo e cade freddo e sudaticcio sotto il suo stesso inutile peso. Tutto è finito! I suoi occhi restano spalancati, fissi ma senza una direzione, persi nel vuoto … il vuoto? Allora è finalmente a casa!
E invece no! Il vuoto resiste, anzi il vuoto ha forza. Gli italiani abusati da una triste e pericolosa demagogia di certo non hanno la fredda risolutezza di una moglie tradita ormai disamorata, non chiedono certo i danni in nome del maiale, no! Lo seguono a Pontida mentre tiene in braccio i bambini di Bibbiano come carne da propaganda. Ancora in malato calore continua ad incitare all’odio promettendo di tornare e chiudere ogni buco sulle nostre coste. Lo seguono non solo loro, ma le televisioni, il web. Nella realtà i morti restano muti, ma qui resistono con tutto il loro odio, la loro umana e pericolosa tristezza.
Ah ci vuole coraggio ad essere consapevoli: quanti amanti traditi da idioti di turno hanno la forza di dire basta invece di ostinarsi a resistere solo per non dire di aver sbagliato tutto? Di ammettere che sono stati ingenui? La donna francese è stata fortunata, è rimasta vedova e ne ha approfittato, ma noi no. Noi siamo pavidi. In nome della nostra infatuazione perdoniamo, anzi no!, facciamo finta di niente, dimentichiamo presto, o crediamo di dimenticare mentre sotto la superficie della nostra ottusa ostinazione a non voler vedere tutto marcisce lentamente e drammaticamente.
Così è se “vi piace.”
Immagine W. Hogart, Career of the libertine, 1735, British Museum