L’Amorino Dormiente, dagli Uffizi a Lampedusa, per sancire l’inaugurazione di un museo che necessita dell’arte per comunicare un bisogno impellente di solidarietà che le parole difficilmente riuscirebbero a sostenere.
L’Amorino, o Eros, Dormiente di Caravaggio: un quadro raffigurante un bambino nudo, nella beatitudine del sonno, un’estasi del riposo dopo una giornata faticosa o un viaggio, ché l’Amore ha sempre percorsi turbolenti da affrontare, giorno dopo giorno. Questo quadro, datato 1608, è stato realizzato da Caravaggio mentre era rifugiato e fuggiasco a Malta: il suo soggiorno lì, iniziato un anno prima, aveva come fine quello di diventare cavaliere per ottenere l’immunità dalla condanna di decapitazione. Un immigrato in cerca di rifugio, dunque.
L’inaugurazione del Museo “della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo” a Lampedusa non solo accoglie questa illustre opera gentilmente ceduta dagli Uffizi di Firenze, ma anche altre opere e fotografie, riguardanti il viaggio dei migranti. Tra queste, sono esposte anche gli oggetti stessi trovati in mare, durante i salvataggi. Un modo per testimoniare, dare voce a storie che si accalcano, si duplicano di volta in volta, portano con sé speranze e paure e che difficilmente si riescono ad ascoltare.
Mentre da una parte l’Italia dibatte sul Migration Compact e conseguenze, in questa piccola fetta di Italia, Caravaggio è ospite per raccontare cosa significhi essere un immigrato, un migrante e quanto l’amore possa essere la chiave di volta per cambiare pagina. Un bambino dormiente che non differisce in alcun modo da quelli salvati o persi in mare; un sonno che può essere riposo affrancante o morte, senza possibilità di emergere dalle onde; un amore che può salvaguardare e che concede una sosta, come se quell’infante dormisse perché sa di essere al sicuro. Così il museo si prefissa di ricordare la solidarietà, la “fiducia” e il “dialogo” che evidentemente necessitiamo per restare umani. E come tante volte succede, l’arte ci viene incontro per esprimere al meglio un concetto. L’arte ci ricorda come restare umani.
Gea Di Bella