Amore e Odio in poesia: da Anacreonte a Petrarca

il fenomeno del ghosting

Da sempre l’antitesi tra amore e odio è un tema ricorrente in poesia. Già gli antichi Greci si erano resi conto del contrasto tra questi due sentimenti opposti, che però sembrano quasi sempre convivere nell’animo degli amanti. Ancora oggi le rielaborazioni sul tema non mancano, ma torniamo alle origini…

Anacreonte

Anacreonte (570-485 aC.) è un esponente della lirica ionica dell’antica Grecia.  Quasi tutti i suoi componimenti riguardano il simposio, il celebre rituale del bere. Troviamo, però, anche molte poesie sull’amore, in cui la figura di Eros compare in diverse vesti, anche giocose. L’amore è quasi sempre vissuto felicemente e il turbamento, quando appare, viene temprato dal senso della misura.

Tuttavia, abbiamo anche un brevissimo frammento, di cui non conosciamo il contesto, in quanto è stato trovato tra le testimonianze di metricologi antichi, che affronta il tema dell’amore da un punto di vista diverso. Il componimento è costituito da due versi, in cui emerge il contrasto interno vissuto da chi è vittima della passione amorosa.

Amo. Non amo.

Son folle, non son folle.

(Fr.428 PMG)

Fortuna del tema

Questa antitesi tra amore e odio avrà una grande fortuna nella tradizione poetica successiva. Nella poesia latina, in primis, troviamo Catullo, ma anche i poeti elegiaci che lo seguono (Tibullo, Properzio e Ovidio) tratteranno questo tema. L’amore viene vissuto da loro come un’esperienza assoluta, totalizzante, che assorbe l’intero animo dell’amante e non lascia spazio ad altro. L’amore porta con sé una tremenda sofferenza e il poeta ha a che fare con continue oscillazioni tra momenti di gioia e momenti di tristezza. Tutto questo, però, non mette mai in dubbio il rapporto d’amore, una vera e propria schiavitù (servitium amoris), in cui chi ama deve ubbidire al dio Amore come un soldato al comandante di guerra.

Catullo

Catullo (88-55 a.C.) è il padre della poesia d’amore latina. Il suo celebre carme 85 resta la migliore espressione del contrasto tra amore e odio.

Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.

Non so, ma sento che questo accade: è la mia croce.

(Carme 85)

A differenza di Anacreonte, che parla di non amore, Catullo parla proprio di odio, estremizzando il senso di sofferenza causato dal sentimento.

Anche in questo caso, l’uso dell’antitesi permette al poeta di esprimere al meglio la sua scissione interiore. Catullo è in balia della sua amata, l’incostante Lesbia, che lo rende schiavo di una snervante alternanza tra sentimenti contrastanti. Vittima di queste montagne russe emotive, è impossibile per lui analizzare ciò che prova. Non gli resta che arrendersi ai suoi sentimenti.

Properzio

Properzio (50-14 a.C.) appartiene alla generazione successiva a quella di Catullo. Anche lui è innamorato di una donna in cui non può riporre fiducia, Cinzia. Così conclude una sua elegia, in cui spiega ad un amico il suo ritorno a Roma a seguito di una lite con la sua amata:

A me non è lecito amare un’altra, né staccarmi da questa:

Cinzia è stata la prima e sarà l’ultima.

(Elegie, 1,12)

Qui, mentre l’antitesi tra amore-odio rimane implicita, emerge chiaramente quella del secondo verso: prima-ultima. Properzio non riesce ad allontanarsi da Cinzia e non riesce a immaginare, neanche nel futuro, un’altra donna per lui. È completamente vittima della schiavitù d’amore.

Petrarca

Anche Petrarca (1304-1374) rielabora questo tema. In particolare, l’intero sonetto 134 del Canzoniere è basato sull’alternarsi di sentimenti contrastati dovuti all’amore.

Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.

Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.

La situazione interiore conflittuale e lacerata del poeta si traduce nell’uso costante dell’antitesi. Il tema della scissione interiore è presente anche in altre poesie di Petrarca, diviso tra l’amore per Laura e l’amore per Dio.

In questa poesia, tuttavia, lo status sentimentale del poeta è portato all’estremo, in un continuo contrasto tra elementi opposti che si agitano nel suo animo. Si sente irrequieto, senza pace, ma non vuole scendere in guerra. Prova insieme paura e speranza. Si sente ardere, ma è, al tempo stesso, di ghiaccio.  Non ha nulla nelle sue mani, ma abbraccia tutto il mondo. L’Amore non lo uccide, ma neanche lo libera; non lo vuole vivo, ma neanche lo salva.  Desidera morire, ma insieme chiede aiuto. Odia sé stesso, ma ama Laura. Il suo unico nutrimento è il dolore, e ride mentre piange. Odia sia la morte che la vita.

Questo è lo strazio che può patire chi è vittima d’amore.

Giulia Tommasi

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