Amnesty International richiede risarcimento da parte di Meta per i rohingya

risarcimento da parte di Meta per i rohingya Myanmar

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Un appello di giustizia e riparazione risuona nell’anniversario della tragica operazione in Myanmar: il risarcimento da parte di Meta per i Rohingya. In un momento in cui si riflette sulle conseguenze devastanti dell’operazione militare di sei anni fa, Amnesty International solleva una richiesta urgente affinché la società madre di Facebook assuma la responsabilità per il ruolo che la piattaforma ha avuto nella pulizia etnica di questa minoranza perseguitata. Le parole dell’organizzazione mettono in luce come gli algoritmi di Facebook e l’inseguimento sfrenato di profitti abbiano contribuito a un ambiente tossico in cui l’odio si è radicato, portando a conseguenze tragiche per i Rohingya.

In occasione del sesto anniversario delle tragiche operazioni militari in Myanmar, Amnesty International ha sollevato un importnate appello: Meta, la società madre di Facebook, deve agire per risarcire i Rohingya per il ruolo che la piattaforma ha avuto nella pulizia etnica di questa minoranza perseguitata. L’organizzazione ha indicato che gli algoritmi di Facebook e la ricerca sfrenata di profitti da parte di Meta hanno contribuito a creare un ambiente in cui l’odio contro i Rohingya è stato fomentato, portando a conseguenze devastanti.

La terribile operazione delle forze armate di Myanmar, avvenuta sei anni fa, ha portato a uno scenario di orrore: donne e bambine Rohingya sono state vittime di stupri, villaggi interi sono stati distrutti dalle fiamme e migliaia di persone sono state uccise. Amnesty International ha sottolineato che l’impatto nefasto di Facebook e Meta è stato uno dei fattori chiave nell’escalation di odio e violenza che ha spinto questa comunità verso una fuga di massa dal Myanmar.

Sono passati sei anni da quando Meta contribuì alle terribili atrocità perpetrate contro i rohingya. Nonostante sia stato uno dei più clamorosi casi di coinvolgimento di una piattaforma social in una crisi dei diritti umani, i rohingya stanno ancora attendendo riparazioni da Meta”, ha dichiarato Pat de Brún, direttore del programma Big Tech Accountability di Amnesty International.

Le indagini svolte da Amnesty International hanno messo in luce come gli algoritmi di Facebook, progettati per massimizzare il coinvolgimento degli utenti a scopo di lucro, abbiano alimentato l’odio e contribuito alla violenza e allo sfollamento forzato di più della metà della popolazione Rohingya.

L’organizzazione ha sottolineato che è giunto il momento che Meta si assuma la responsabilità delle sue azioni, risarcendo i Rohingya e modificando le proprie politiche imprenditoriali per evitare situazioni simili in futuro. A tal proposito, il 25 agosto ha segnato un passo importante per chiamare le grandi aziende tecnologiche a rispondere dell’impatto dei loro servizi sui diritti umani, con l’entrata in vigore del Digital Service Act nell’Unione europea, una legislazione che potrebbe avere ripercussioni anche su scala globale.

Amnesty International ha condiviso una testimonianza straziante di un rifugiato Rohingya, Maung Sawyeddollah, che ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze dell’odio scatenato attraverso Facebook. La sua speranza è che Meta riconosca il suo ruolo nel loro dolore e agisca per aiutare questa comunità.

Questo appello sollevato da Amnesty International pone l’accento su un problema più ampio: il ruolo delle grandi aziende tecnologiche nell’impatto sui diritti umani. Le azioni di queste aziende possono avere conseguenze profonde nella vita delle persone, e il caso dei Rohingya ne è un esempio drammatico.

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