Amnesty International denuncia violenze contro i migranti in Grecia

Amnesty International

Con il nuovo rapporto Greece: Violence, lies, and pushbacks. Refugees and migrants still denied safety and asylum at Europe’s borders Amnesty International ha denunciato la Grecia per le violenze, i respingimenti, le detenzioni illegali e tutti gli episodi di mancata assistenza e tortura avvenuti nei confronti dei migranti e rifugiati soprattutto, ma non solo, lungo il confine con la Turchia lungo le sponde del fiume Evros.

I migranti e i richiedenti asilo ascoltati dai ricercatori di Amnesty International hanno raccontato di aver subito o assistito a violenze e torture da parte delle forze armate greche schierate lungo il confine, per le quali sembra divenuta ormai prassi respingere arbitrariamente i migranti anche in possesso di regolari richieste di asilo, stracciando i documenti e sequestrando i pochi beni e denaro messi da parte nel tentativo di ricostruirsi una vita in Europa. Molti di essi denunciano di essere stati trattenuti illegalmente in centri di detenzione irregolari dove hanno subito percosse, furti e violenze di ogni tipo, prima di essere presi di forza e brutalmente abbandonati in terra turca. Ciò che tutti i terribili racconti di questi uomini, donne e minori abbandonati e lasciati a morire dall‘Unione Europea hanno in comune è l’uso della violenza da parte delle forze armate, dei soldati in uniforme e di quelli in borghese, oltre alla denuncia della costante e, ormai, consolidata violazione dei diritti umani.   

La crisi sul confine Turchia-Grecia

L’aggravarsi della situazione lungo il confine tra Grecia e Turchia e, in generale, lungo tutta la rotta balcanica e mediterranea nell’ultimo anno è un fatto evidente, sotto gli occhi di tutti, un fatto davanti al quale l’Unione Europea non più permettersi di far finta di niente. La rotta balcanica, sotto il punto di vista ufficiale, è stata chiusa nel 2016 quando l’Unione Europea scelse di accordarsi con la Turchia per una cifra di oltre 6 miliardi di euro affinché quest’ultima si facesse carico di gestire e controllare il flusso migratorio lungo la frontiera con la Grecia per evitare il passaggio dei migranti in Europa. Si è trattato di un accordo vergognoso, giudicato severamente da moltissimi giuristi ed esperti di politica internazionale e diritti umani, tra cui Amnesty International e diverse Ong e associazioni che lavorano ogni giorno lungo le tratte di migrazione. Si è trattato di un accordo frutto di dinamiche necropolitiche e di necropotere che non prevede garanzie sul destino dei migranti né assicura il rispetto dei loro diritti in quanto profughi, richiedenti asilo e, soprattutto, esseri umani.



L’inasprimento della situazione sul confine turco-greco si deve soprattutto alla decisone presa a fine febbraio 2020 dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan di non rispettare l’accordo con l’Unione Europea e interrompere il blocco del flusso dei migranti verso l’Europa, aprendo di fatto tutte le frontiere di terra e di mare verso la Grecia. Da marzo dell’anno scorso decine di migliaia di persone hanno tentato di attraversare il confine con la Grecia, incoraggiati e spinti dall’apertura dei confini voluta da Erdogan, che altro non è se non una mossa di carattere politico ed economico volta a ricevere più soldi dall’Europa e distogliere l’attenzione dagli altri, innumerevoli, problemi interni al suo governo.

In risposta all’iniziativa turca la Grecia, guidata primo ministro il conservatore Kyriakos Mitsotakis, che già nell’anno precedente aveva messo in atto politiche migratorie molto dure, ha rafforzato sia il pattugliamento in mare, per impedire l’attracco ai migranti in collaborazione con i guardacoste e il personale di Frontex , sia quello via terra lungo il confine di circa 120 km con la Turchia, in gran parte delimitato dal fiume Evros, di difficile guado. Inoltre, seppur brevemente, la Grecia aveva sospeso, ufficialmente a causa dell’emergenza sanitaria, l’accesso alle procedure di richiesta d’asilo, in aperta contravvenzione al diritto internazionale.

Da oltre un anno, in piena pandemia mondiale, questa situazione ha continuato ad inasprirsi e a peggiorare ulteriormente: nel corso del 2020 la Grecia ha sistematicamente e consapevolmente respinto, detenuto, arrestato, percosso e torturato illegalmente migranti e profughi provenienti dalla Turchia, negando loro il diritto di fare richiesta di asilo e forzando il loro rientro in terra turca mettendone a rischio la vita e violando i loro diritti fondamentali.

La denuncia di Amnesty International

Nel rapporto di Amnesty International sono riportati e documentati oltre mille episodi di violenza subita o testimoniata da migranti nella regione del fiume Evros ma anche in diverse aree della Grecia continentale, numero che rappresenta solo la punta dell’iceberg ma sarebbe già sufficiente ad indicare come la repressione violenta e il respingimento illegale dei migranti in Grecia siano, in poco tempo, già divenute pratiche consolidate. Il rapporto, inoltre, sottolinea come l’incapacità delle autorità di riconoscere o indagare efficacemente sui respingimenti, spesso combinata con la mancanza di rimedi efficaci per le vittime e la continua criminalizzazione delle ONG, favorisca il peggioramento della situazione e alimenti un circolo vizioso di respingimenti tra le autorità greche e turche che rende impossibile per i migranti ricevere assistenza ed esercitare i propri diritti.

Alla luce di quanto illustrato nel rapporto Grecia: violenze, bugie e respingimenti , Amnesty International ha intimato alla Grecia: di interrompere immediatamente tutti i respingimenti e rilasciare tutte le persone detenute illegalmente indagando seriamente sulle violenze avvenute; prendere tempestivi provvedimenti affinché vengano rispettati e garantiti i diritti umani e venga fornita la necessaria assistenza ai migranti lungo i confini; mettere fine alla criminalizzazione dei migranti irregolari e quella di individui o gruppi come Ong e simili che lavorano lungo le tratte migratorie.

Alla Turchia è invece fatta richiesta di: interrompere immediatamente tutte le pratiche che costringono o fanno pressioni sulle persone affinché ritornino in Grecia anche attraverso l’uso di minacce o violenza; garantire che le operazioni sui confini vengano svolte nel pieno rispetto del diritto internazionali sui diritti umani; continuare a fornire aiuto e assistenza a tutti i migranti che si trovino sul territorio turco.

Alle istituzioni dell’Unione Europea e a tutti gli stati membri va la richiesta di adottare misure urgenti per garantire che la Grecia ristabilisca condizioni che rispettino l’asilo europeo e le leggi di diritto internazionale sulle sue frontiere e in tutto il paese.  In particolare a Frontex, che secondo i portavoce di Amnesty International non è possibile che non sia al corrente di quanto sta avvenendo in Grecia, è fatto invito di valutare le proprie attività lungo i confini marittimi e terrestri prendendo provvedimenti contro le violazioni dei diritti umani da parte del suo stesso personale.

L’ultima raccomandazione è rivolta al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, invitato ad attuare con urgenza le raccomandazioni formulate dal Relatore Speciale sui diritti umani dei migranti che prevedono di incoraggiare gli Stati a porre fine alle pratiche di respingimento, rispettare il divieto di espulsione collettiva e sostenere il principio di non respingimento; stabilire l’efficacia dei meccanismi di monitoraggio indipendenti, garantire l’accesso a tutte le strutture e procedure relative alla migrazione e monitorare la loro conformità alle leggi e agli standard internazionali sui diritti umani. L’appello finale al Consiglio per i diritti umani è quello di formare prontamente un meccanismo che abbia il mandato di monitorare e verificare in modo indipendente respingimenti, espulsioni collettive e analoghe violazioni e di fornire supporto e raccomandazioni ad altri meccanismi nazionali e regionali che conducono monitoraggi e verifiche indipendenti.

Marta Renno

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