Molti miei contatti affermano che non compreranno più da Amazon, dopo aver visto il film di Ken Loach “Sorry We Missed You“
Non so se lo vedrò, sinceramente. So già che mi farebbe stare tremendamente male.
Quello che so è che non smetterei comunque di comprare su Amazon, quando serve.
Il motivo è semplice: Mi sentirei ancora più ipocrita di quanto già non sia.
Sono un’ipocrita perché faccio la differenziata, vesto “usato“, ma uso piatti di plastica e mangio carne. Poca, a dir il vero, ma ne mangio.
Amazon non ha fatto altro che portare la povertà letteralmente sul ciglio della nostra porta di casa, ma lo sfruttamento non è nato adesso.
Se vado nel negozio sotto casa e compro un oggetto le cui componenti sono estratte dai bambini nelle miniere in Congo, assemblate per qualche euro al mese da un operaio in Cina e trasportate da un Polacco costretto a guidare 48 ore su un camion senza dormire, non cambia nulla se non la percezione che io ho di quell’oggetto.
Perché mi risulta più facile immedesimarmi nel mio vicino di casa o nel mio amico che fa le consegne per Glovo, piuttosto che per una donna sfruttata in una fabbrica in Bangladesh?
Da fastidio guardare la povertà e lo sfruttamento che bussa alla porta di casa, fa male. E fa male perché quel destino potrebbe essere il nostro.
A questo punto, però, abbiamo il dovere morale di smetterla di fare gli gnorri e di capire che tutto ciò è “oltre“ Amazon.
È il sistema globale, ad essere malato. Cosa possiamo fare noi per cambiarlo?
Non esistono ricette ma io ho la mia personale opinione in merito e desidero condividerla con voi:
1. Comprare solo quando serve. Il 90% di quello che possediamo non è essenziale e, prima o poi, finirà in una discarica.
2. Cercare fra gli articoli usati prima di fare un acquisto e regalare quello che non usiamo più, invece che buttarlo
3. Prediligere alimenti/articoli a km 0
4. Chiedere che sia pubblicata l’intera filiera dei prodotti (alimentari e non)
5. Votare chi vuole battersi contro il liberismo incontrollato e le multinazionali.
6. Pretendere che per multinazionali e agenzie varie valgano le stesse regole sulle assunzioni e contratti come per tutti.
Sia per tutelare i lavoratori, sia per porre fine alla concorrenza sleale che schiaccia la piccola impresa.
7. Essere consapevoli che questi provvedimenti non piaceranno ai mercati che tengono sotto scacco i nostri governi e che, di conseguenza, dovremmo rinunciare tutti ad un po’ di ricchezza.
8. Pretendere quindi che alla politica stia a cuore più il benessere dei cittadini che quello delle grosse multinazionali
9. Creare una rete e una solidarietà globalizzata
L’ultimo punto è, secondo me, in assoluto il più importante di tutti.
Perché le multinazionali sono ovunque, poco conta che non sfruttino il nostro vicino di casa se poi stritolano un’altra persona dall’altra parte del globo.
Mi chiedo spesso come sia possibile che la destra sovranista e razzista sia riuscita nell’impresa di organizzarsi globalmente, mentre la maggior parte delle forze di sinistra continuano a guardare il proprio ombelico, senza curarsi minimamente delle condizioni nelle quali versano i lavoratori delle nazioni dalle quali importiamo.
È ora di capire che un’ingiustizia a migliaia di km da noi ha conseguenze reali e immediate anche sulle nostre vite.
Amazon ha solo “il merito“ di avercelo ricordato suonando il campanello di casa.
Luana Gualano